Un nuovo partito?

Il 24 novembre 2021, uscì su HuffPost un articolo di Filippo Rossi “Italiani in cerca di un nuovo partito”.
Il sondaggio di Radar Swg proponeva una domanda provocatoria: “Serve un nuovo partito”? La risposta, sorprendente: “Sì grazie”.

Ebbene: il 41% del campione auspica una nuova formazione, perché la crisi della politica non è affatto crisi di domanda ma di offerta; la crisi non è della Politica ma della classe politica.
Cercasi persone serie e competenti; programmi chiari e concreti, di prospettiva.

Il giorno prima, sul Riformista, Renato Mannheimer e Pasquale Pasquino commentavano questo strabiliante risultato sondaggistico, confermando che la generale disaffezione non è verso la Politica ma verso il l’attuale sistema partitico.
Certamente gli “zoccoli duri” tipici della “Prima Repubblica” non esistono più: oggi, si muovono grandi masse di elettorato a dimostrazione che esso appare vagabondo e indeciso, confuso.
Ciò dimostra, alla luce del sondaggio, che chi vota pone sempre più interesse alle proposte politiche che non ai candidati.
L’esempio, ormai classico, è l’esperienza dei 5S: nessuno conosceva i candidati; purtroppo non c’era, in verità, una proposta politica ma solo slogan.
Ovviamente è un errore considerare unitario il 41% emerso dal sondaggio: esso non è tutto astensionista e non è tutto animato da un solo timbro di motivazione filosofico-politica perché l’insoddisfazione è diffusa mediamente in tutte le aree politiche.
Nel linguaggio del marketing e dei consumi si chiamerebbe “un mercato insoddisfatto in attesa di un’offerta adeguata”.
A questa analisi fa da contraltare l’andamento del gradimento dei leader: ad esempio, Draghi e Conte hanno raggiunto picchi del 60/70%. A dimostrazione, forse, della diffusa speranza di un messia, che abbia, però, un atteggiamento pacato e curiale, tranquillizzante. Ma anche qui la aleatorietà è la vera regina dei sondaggi.

Se questi sono i dati da cui partire, vuol dire che esistono grandissimi spazi da riempiere con una offerta politica non banale, concreta, fattibile ma prospettica (che vogliamo qui definire Disegno per il Paese) da non confondersi con i programmi elettorali, spesso costruiti soltanto a valle delle alchimie di alleanze e coalizioni e, perciò, tendenzialmente populistici e generalmente disattesi.

La crisi del sistema partitocratico è certificata proprio da questo sondaggio.
Ma da dove viene questa crisi?
È molto probabile che essa derivi dalla obsolescenza delle grandi ideologie dei secoli XIX e XX, adatte nel loro momento storico ma non più capaci di interpretare la società civile di oggi sempre più diffusa ed interconnessa e di prevedere le sue dinamiche, in un mondo ineludibilmente globalizzato.
Questa tesi spiega un governo e un parlamento che navigano a vista avendo perduto la stella polare della ideologia.
Giustifica anche la tendenza di questi nostri rappresentanti, nessuno escluso, ai fini di conservare il consenso, a prestare attenzione alle tensioni populistiche; oltre che a cercare rifugio nei facili e incoerenti interventi tattico-normativi che ispessiscono la gabbia burocratica che nessuno riesce più a gestire compiutamente.
Purtroppo, non si riesce a capire che “governare” non significa opprimere le primarie libertà individuali, cancellare il diritto alla privacy, instaurare uno statalismo dittatoriale, abusare di slogan e lemmi senza più significato, servirsi di una propaganda ossessiva, omologare ignobili discriminazioni, favorire i conflitti civili.
La verità emerge prepotente: la incapacità cronica di varare riforme realmente strutturali.
Dilaga la confusione delle identità politiche dove un partito vale l’altro.

Una gran confusione i cui corollari sono il grave degrado dell’etica pubblica e il pervasivo disagio e sbandamento della società civile.
Da qui nasce l’affanno popolare di ristabilire i principi costituzionali e di recuperare i valori civili etico morali.

Bisogna partire da un presupposto di fondo: la società civile moderna è, diversamente e molto più di prima, un sistema complesso che non può che essere governato con approccio sistemico, integrato nei suoi fattori, prospettico, con visione strategica e con competenze multidisciplinari ed eclettiche.
Se questo presupposto è vero, esso declina la morte dei “governi tecnici” che hanno ossessionato il Paese da oltre un decennio, schiavi della loro monotematica e dei loro schemi procedurali.

La crisi del sistema partitico fin qui descritta mostra, altresì, come mai, nella visione del Capo dello Stato, non ci sia politico adeguato a ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio.
Se il Capo dello Stato non nutre confidenza egli stesso nella credibilità della classe politica, come può questa classe essere credibile agli occhi del popolo e dell’estero?

Intanto i sondaggio è chiaro: il 41% dell’elettorato auspica un nuovo partito per una nuova politica.
Dobbiamo ora considerare, con un coraggioso cambio di paradigma copernicano, come costruirlo e, poi, come proporlo.
Ma, di certo, la offerta politica, non può prescindere, al di là dei programmi elettorali, da una visione prospettica per un Paese futuro.

Antonio Vox
Presidente “Sistema Paese” – Economia Reale & Società Civile

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