DOSSIERAGGIO, O SPIONAGGIO?

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Dossieraggio? Cosa è?

Wikipedia dice “attività di creazione di un dossier contenente informazioni riservate o scottanti relative a una o a più persone, specialmente a fini di ricatto”.

L’Enciclopedia Treccani è meno scandalistica: “Insieme di carte, documenti relativi a uno stesso fatto o a una stessa persona, raccolti in una cartella. In particolare, raccolta di documenti e informazioni relative a determinate questioni di una certa risonanza, e in ogni caso di carattere pubblico e generale”.

Tuttavia, tutti abbiamo capito cosa sia un dossieraggio e quanto sia pericoloso.

Guardiamo l’inchiesta di Perugia, indagine giudiziaria dell’agosto del 2023. Cosa è successo?

Qualcuno ha avuto accesso a Banche Dati, riservate e segrete, per raccogliere informazioni su politici, vip, imprenditori, avvocati, personaggi conosciuti e no.

E questo qualcuno, con tutta ovvietà, ha operato per conto di mandanti interessati a informazioni sensibili per scopi incoffessabili.

Non c’era che da attendersi una forte polemica politica, fra dichiarazioni e silenzi, fra accuse e riserve, nel tentativo di trarre profitto dalla questione o di allontanare da sé dubbi e sospetti.

Il tema è gravissimo perché coinvolge tutti: Istituzioni, Magistratura, Guardia di Finanza, Direzione Antimafia, Cittadini; Giornalisti. Questi ultimi, insieme alla Magistratura, sono fondamentali per la profittabilità del dossieraggio in un regime democratico.

Speriamo che non finisca tutto in una bolla di sapone e nel cestino dei ricordi della opinione pubblica: tutti noi, singoli, siamo interessati perché, anche il più umile può ritrovarsi in una tempesta artificiale, da cui non uscirà più, se preso di mira.

Se dovesse accadere, l’insabbiamento sarebbe una prova certa di uno Stato marcio.

A noi, però, non interessa chi sia entrato nelle Banche Dati e nemmeno chi sia il mandante; e nemmeno lo scopo inconfessabile perché “ovviamente ovvio”.

A questo, penserà la Magistratura inquirente.

Quello che ci interessa, invece, è sapere che chiunque può essere schedato a sua insaputa e che queste informazioni sensibili possono essere maneggiate da un manipolo di persone, prive di ogni scrupolo, a danno del cittadino, a danno della comunità, a danno del Paese.

Infatti, due sono i temi in gioco in questa indagine: la facilità d’accesso alle Banche Dati e i soggetti giuridici coinvolti.

Sul primo tema, la facilità d’accesso, non possiamo che rimanere allibiti da quanto dichiarato da Alleanza Verdi e Sinistra: “Banche dati ‘colabrodo’ serve provvedimento cybersicurezza”. In mano a questi signori “stiamo freschi”. Dovrebbero sapere, questi signori, che non c’è cybersicurezza che tenga se chi viola le Banche Dati dispone di tutte le chiavi d’accesso e se chi controlla gli accessi è complice. Infatti, in questi affari loschi, non si può operare da soli. Non è questione quindi di cybersicurezza ma di “normale sicurezza” (una sorta di block chain non elettronica) e, soprattutto, di etica.

Chi dovesse venir colto in fallo dovrebbe essere espulso a vita dagli uffici pubblici. Mentre i fruitori illegittimi delle informazioni sensibili dovrebbero essere privati a vita della libertà perché ben più pericolosi di un ergastolano.

Ma cosa è una Banca Dati di dati sensibili? E’ un domicilio digitale della persona: una estensione del proprio domicilio fisico. Questo domicilio digitale pretende gli stessi diritti e le stesse restrizioni del domicilio fisico.

Ad esempio, solo una indagine penale, a certe condizioni, potrebbe violare la privacy ma, comunque, deve essere confinata e limitata ai dati di strettissima pertinenza. E se, per avventura, si dovesse venire a conoscenza di dati sensibili oltre la propria pertinenza, dovrebbe non solo ignorali ma dimenticarli.

Di Banche Dati individuali, che ricadono entro il nostro specifico controllo, ne conosciamo tantissime come ad esempio la lista delle password per accedere ai nostri siti come il conto corrente; ma le Banche Dati istituzionali hanno altra dimensione e criticità.

Le Banche Dati gestite da noi hanno rilevanza individuale: ma le Banche Dati istituzionali travalicano l’individuo per arrivare perfino alla sicurezza nazionale.

Di queste Banche Dati istituzionali ce ne sono parecchie: esse contengono informazioni di ogni tipo.

Per esempio:

Siva: Sistema Informativo Valutario, che contiene una enorme volume di dati sulle operazioni finanziarie anomale.

RE.GE.: Registro Generale, che contiene tutte le inchieste aperte da tutte le Procure d’Italia.

Serpico: Servizio per i Contribuenti; Banca Dati gestita dalla Società Generale di Informatica (Sogei) che dispone di ben 18.000 server con 71 petabyte (una enormità pari a 71×1015 Byte memoria). Essa contiene tutti i dati economico fiscali degli italiani, con chiave “codice fiscale”. Molti chiamano Serpico, addirittura, “il Grande Fratello”.

ETNa: Elenco Telefonico Nazionale che contiene i dati di tutti i possessori di telefoni fissi e mobili.

Infocamere: gestisce, con il Registro delle Imprese, l’anagrafe della economia nazionale.

ACI: che gestisce la Banca Dati dei veicoli.

Sdi: Sistema di Interscambio, cioè la Banca Dati delle fatture elettroniche.

Sos: Segnalazione Operazioni Sospette, cioè la Banca dati finalizzata a presunte operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

Questo solo per citarne alcune, le più note. C’è di tutto, su tutti i cittadini, e su tutte le persone giuridiche.

Pensate tutte queste Banche Dati in mano a qualche male intenzionato o alla “intelligenza artificiale”. Un semplice software di integrazione delle informazioni e di navigazione può fare la radiografia di ciascuno di noi, di ciascun soggetto giuridico, economico, finanziario, di tutto il Paese. E dello stesso Paese.

Appare chiarissimo che queste informazioni sono utilissime per la lotta illecita individuale, politica, affaristica, internazionale, sovranazionale: sono profittevoli.

Quali sono, poi, gli strumenti utili allo sfruttamento di queste informazioni? Beh! La risposta sembra scontata: i Media, la Magistratura, i Servizi nazionali ed internazionali.

E’ quindi fondamentale definire con quali valori etico morali queste Banche Dati siano consultate, con quali fini, con quali regole e procedure, da quali individui; ma non basta, perché bisogna aggiungere con quali controlli in real time, da quali controllori dedicati a tempo pieno. E, qui bisogna sapere che più è vasta la platea dei controllori degli accessi, più è difficile che un accesso, lecito o illecito, sfugga alla attenzione.

Gli illeciti sulle Banche Dati nazionali dovrebbero rientrare di diritto, senza attenuanti, nell’elenco dei reati di associazione mafiosa e trattati come tali.

Questi reati, infatti, necessitano di una “catena del valore” e di propria natura proliferano, perché l’informazione può essere venduta con lauti profitti.

Le audizioni di Melillo, P.G, Antimafia, e di Cantone, Procuratore di Perugia, sono molto preoccupanti soprattutto per la dichiarata enorme dimensione del fenomeno e per la qualità delittuosa (“verminaio” ha detto Cantone).

Ma come può essere stato possibile che, nello Stato, si sia allignata una Mafia così tentacolare e così diffusa?

Se sarà provato il coinvolgimento della Guardia di Finanza, della Magistratura e della Direzione Antimafia, allora significa che tutti gli anticorpi sono stati annientati. Siamo ben consapevoli che eventuali delitti penali sono personali ma l’opinione pubblica, sappiamo distingue con difficoltà il membro dalla organizzazione soprattutto quando questa ha “rilevanza nazionale e istituzionale”.

In ogni caso, appare sempre più urgente e necessaria una drastica e profonda pulizia negli apparati dello Stato e l’adozione di una “igiene pubblica”.

Antonio Vox

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