Il Gruppo dei Trenta

Antonio Vox

Qualcuno ha sentito parlare del G30 (Group of Thirty – Consultative Group on International Economic and Monetary Affairs, Inc.)? È il gruppo dei più importanti bancari mondiali, al quale partecipa Mario Draghi, l’attuale Presidente de Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana.
La dizione dice tutto! Se ne parla con deferenza e timore, quasi sottovoce.

Noi, invece, andiamo giù a gamba tesa.
Questo gruppo pretende di capire tutto e di governare il sistema economico mondiale nonché la politica monetaria dei Paesi.
Purtroppo, non sa, il Gruppo dei Trenta, che l’economia è fatta dalle genti con il loro entusiasmo di intraprendere e non da tecnici ovattati nelle loro grisaglie e nei loro compassati atteggiamenti.

Conoscete, forse, il documento “Reviving and Restructuring the Corporate Sector Post-Covid”, pubblicato dal G30 nel dicembre 2020, e sottotitolato “disegnare di interventi di politica pubblica”?
Il co-presidente dello “steering committee” (comitato d’indirizzo) del documento, insieme a Raghuram Rajan, già governatore della Banca Centrale dell’India, è proprio il nostro Mario Draghi.

Il documento analizza lo scenario mondiale emergente specificatamente dalla crisi pandemica; ma le sue liriche e le sue tesi sono adattabili, in generale, alla attuale crisi globale, accelerata dalla pandemia prima, ed ora dalla guerra in Ucraina; crisi che è prodotta da uh rimescolamento di fattori sociali, economici, monetari e politici oltreché da una confusa rivoluzione dei riferimenti paradigmatici, figli delle insensate politiche dei decenni scorsi e che necessitano di manutenzione.

Fare una approfondita ed opportuna analisi del documento non è certamente compito di un articolo giornalistico; tuttavia, nel trascurare temi collaterali, pur essenziali, è possibile individuare alcune questioni di fondo che identificano la pretesa del Gruppo dei Trenta di imporre agli Stati, anche se sotto la parvenza di suggerimenti, orientamenti per un governo globale e indicazioni stringenti per la loro politica economica.
Infatti, il documento raccomanda ai politici (policymakers) un set di principi fondamentali, associato ad una lista di precisi strumenti di intervento e ad una efficace struttura decisionale, che, ovviamente, abbia caratteri “universali” e perciò “globali”.

Non vi pare, già, che questo assunto, “universale e globale”, di per sé, contenga la pretesa di cancellare le identità, costruite nella storia e nelle dinamiche sociali, dei Paesi del mondo? Quelle identità che costituiscono la cultura e la multiforme bellezza del genere umano? Non vi pare questo il voler appiattire le diversità, le conquiste sociali, le culture, le attitudini, le multiformi ricchezze e potenzialità dei popoli verso una uguaglianza convenzionale e irregimentata dove le singole energie e dinamiche scompaiono?
In Fisica si direbbe, che si prospetta la visione di una umanità “a entropia massima”, di immobilismo totale, non differente dal gregge.

A corredo di questo assurdo presupposto, nell’Executive Summary (Abstract o Sintesi) del documento, in assoluta coerenza, si pone, da subito, quale sia la tesi:
il cambiamento dei consumi e del business produce crisi di solvibilità nelle aziende; quindi, è qui che bisogna intervenire: nell’assicurare la solvibilità.
È chiaramente il punto di vista di un “bancario/monetario” che, da un lato, crede di essere un “economista”; dall’altro, crede di essere un “politico”.
In ogni caso egli ha l’ambizione e la presunzione che il mondo economico e sociale si possa traguardare, completamente, attraverso i suoi specifici filtri.
È il vecchio difetto degli specialisti che rifiutano di rimanere nel proprio settore e pretendono di tracimare altrove; in ciò favoriti dalla opinione pubblica che, stranamente, affida loro le proprie speranze di vita nella convinzione che quelli sappiano operare per il bene del Paese.
Ma non è la stessa opinione pubblica che non si sognerebbe mai di farsi operare d’appendicite da un avvocato costituzionalista? O da un virologo? O da un qualsiasi chirurgo oculista? Misteri della vita!
Come si fa a spiegare ad un bancario/monetarista che la solvibilità deriva dalla contrazione della domanda; che induce riduzione dell’offerta; che è collegata alla diminuzione della produzione e del lavoro; che abbassa il fatturato ed alza le perdite; che genera crisi di solvibilità?
Come si fa a spiegare a costui che se il tema bancario è la solvibilità, il tema sociopolitico è la domanda e che quindi, è qui che bisogna intervenire?
Non discende da questo semplice considerazione che tecnici e specialisti al governo generano solo guai? Di esperienze ne abbiamo: facciamone tesoro!

Ma continuiamo a leggere il documento.
La “Solvency Crisis” è traguardata solo per le “major corporate” (grandi aziende).
Allora, emerge la tesi esplosiva:” Reducing broad support …on those firms that … are expected to be viable in the post covid19 economy” (cioè, supportare solo quelle imprese che hanno un futuro).
Da qui discendono corollari impressionanti e domande imbarazzanti come, ad esempio: chi decide quali debbano essere le imprese da supportare? È una sorta di “statalizzazione fittizia”? Che succede delle responsabilità del management e degli azionisti delle aziende supportate? È una totale ristrutturazione della economia? Che succede dei posti di lavoro perduti? Etc.
Ma, in fondo, fa capolino l’atroce dubbio: visto che sono traguardate le “major corporate”, che accadrà della economia reale dell’Italia il cui tessuto produttivo è formato, per oltre il 90%, da autonomi e partite iva i cui dipendenti non superano mediamente le 15 unità? Il nostro è un popolo imprenditore!
Ci domandiamo: non è forse questo che sta accadendo in Italia?
L’ideologia del paragrafo “Distruzione Creativa”, quella che prevede la “ristrutturazione”, appare già in atto: il processo di portare l’economia verso aziende di più grandi dimensioni, lasciando morire le piccole imprese, e, con esso, il sistema Italia è in progress.
Fine dell’entusiasmo di intraprendere; fine della identità creativa; fine di un popolo di “santi, poeti, navigatori”.
Tutti burocratizzati, tutti uguali, tutti omologati,senza aneliti vitali né libertà.

Antonio Vox
Presidente di “Sistema Paese – Economia Reale e Società Civile”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *