La nuova normalità? No grazie

Il titolo di questo articolo porta alla mente una miriade di fatti recenti, incongruenze che balzano alla mente e che ci portano facilmente al divagare esprimendo più una protesta che un analisi, prassi ormai consolidata nel dissenso che avalla, anziché colpire, i vari efficaci tentativi di distrazione di massa.

Ci concentreremo allora su pochi concetti e fatti che condizionano pesantemente la vita di tutti, di qualsiasi bandiera, colore e appartenenza politica o religiosa e che sono riferiti alla gestione della Res Pubblica.

Le Istituzioni pubbliche dello Stato e Regioni contano circa 3.270.000 unità a cui si aggiunge un  altro 1.370.000 unità di lavoratori dipendenti comunali con un totale di 4.640.000 erogatori di servizi PER IL PUBBLICO, ovvero noi concittadini. Quindi il 17.64% dei lavoratori italiani lavora per amministrare e gestire i beni e i servizi pubblici e aiutare i lavoratori dell’economia reale a produrre il reddito che gli paga lo stipendio. Questa è la reale descrizione del processo che mantiene la società civile.

In un bell’articolo di Enrico Cavallotti nel Sole e 24 Ore di Febbraio 2021 https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2021/02/15/impiegati-settore-pubblico-pochi/#:~:text=L’Italia%20presenta%20un%20rapporto,la%20Francia%20intorno%20al%2020%25.

si evince che il mito della stra-abbondanza del pubblico in Italia è falso, confermando che siamo invece abbondantemente sotto la media OCSE del 18% degli occupati con punte del 20-25% nel Nord Europa mentre noi siamo al 14%. Come evidenziato in grassetto si parla di % sugli occupati; In Germania, ad esempio gli occupati nella fascia 15-64 anni sono il 77% mentre la Francia il 68.3%superando ambedue la media OCSE del 66% mentre l’Italia si attesta al 60.8%. Ecco che basta già acquisire qualche dato in più per avere una comprensione diversa del panorama. Se poi nella equazione mettiamo anche la variabile “disoccupazione” ecco che vediamo l’Italia ai primi posti con 7.6% contro il 3.7% della Germania e il 7.3% della Francia. Ma il dato più subdolo è quello degli inattivi (quelli che non cercano lavoro) ovvero circa 13 milioni  d’ italiani (Truenumbers dati Istat 2019) che non cercano di occuparsi, spesso per motivi contingenti e causa la mancanza cronica d’ infrastrutture sociali primarie che obbligano alcuni componenti della famiglia ad assistere i propri cari con vari handicap o anzianità limitante o i propri figli per mancanza o costo eccessivo degli asili.

Ecco che l’articolo del dott. Cavallotti comincia a prendere una forma diversa se si contestualizzano i dati da lui riportati in un quadro d’insieme con gli altri qui evidenziati. Diventa evidente che pur avendo un basso tasso d’incidenza dei dipendenti statali rispetto la classe lavorativa e pur avendo solo 7.901 comuni rispetto i 34.000 in Francia e i 19.300 in Germania, l’incidenza del costo del pubblico in Italia è molto più alta rispetto ai nostri vicini d’oltralpe perché, per i motivi sopraelencati, abbiamo pochi lavoratori nella ECONOMIA REALE che ha l’onere di MANTENERE TUTTA la baracca.

NONOSTANTE TUTTO, come già ripetutamente scritto e provato, l’Italia è ai primi posti del ricavo primario (bilancio import/export) che negli ultimi 30 anni è quasi sempre stato positivo e ha anche, da sempre, il bilancio positivo tra costi dello Stato e entrate (Entrate finali.  673.540 ; Spese correnti netto interessi. 634.103. 619.839 ; Interessi. 81.106. 91.214 ; Spese in conto capitale. 157.695. 96.667.) Come si vede, gl’ interessi dei prestiti ricevuti in questi ultimi 50 anni e le spese di manutenzione dei beni pubblici e infrastrutture, ci portano in negativo e ci fanno chiedere sempre più prestiti.

Ma tutto questo a cosa ci porta?

CONCETTO DI EFFICIENZA:  (economica) Efficienza Capacità di svolgere qualsiasi attività economica con il minor dispendio di risorse e ottenendo il miglior risultato possibile (Dizionari Simone Online).

Ecco che se teniamo conto di questo principio FONDAMENTALE della economia, si comincia a intravedere perché, nonostante le variabili  positive del nostro sistema produttivo, la tassazione tra le più alte del Mondo, la minor incidenza sul bilancio e i continui tagli fatti sui servizi pubblici (sanità, logistica, beni culturali, etc.,) ci ritroviamo in questa situazione.

Proviamo allora di cercare di capire quali possono essere gli altri fattori che tarlano i bilanci di Stato con alcuni esempi.

Per costruire una nuova linea ferroviaria ci sono dei costi medi per km; l’Italia, a discapito di quanto si crede, è al di sotto della media europea ma ha uno sviluppo inferiore di oltre il 100% rispetto alla Francia e poco più di un terzo rispetto alla Germania. Questo ci porta a un tasso di km di ferrovia pro capite più basso d’Europa che ha avuto un calo rispetto il 1995 che da 6.5% di soddisfazione di trasporto persone/anno (in termini di km percorsi) oggi si attesta al 6.2%. Tralascio l’incapacità di prevedere e contenere i preventivi dei costi che, come accaduto nella Milano-Roma alta velocità, sono quintuplicati!

Ma vediamo l’ autostrada Firenze-Bologna dove in tempi più che accettabili si è costruita la variante DIRETTISSIMA in alternativa alla Panoramica ma che, ANCORA OGGI, la sua efficienza è pregiudicata dal nodo di Sesto Fiorentino che rimane una strozzatura con eterni lavori in corso che bloccano il traffico annullando in buona parte l’efficacia dell’investimento.

Andiamo ancora più in dettaglio: Parliamo dell’edilizia e delle autorità locali preposte all’autorizzazione dei progetti e alla burocrazia in generale. A chi non è capitato di rimanere fermo per mesi, a volte anni, prima di riuscire a fare partire il cantiere? Questi ritardi HANNO UN COSTO, sia in termini di oneri che i Comuni potrebbero incassare prima (con evidenti risparmi finanziari) sia riferito agli investitori che si ritrovano incapaci di PIANIFICARE tempistiche e costi produttivi che lievitano e/pregiudicano la redditività se riferito a costruzioni commerciali o ricettive.

Queste situazioni sono provocate da persone, dipendenti pubblici, a cominciare dai ruoli apicali dirigenziali fino a quelli esecutivi, che non sanno fare, o non fanno bene, il loro lavoro a discapito dei contribuenti che gli pagano lo stipendio che, oltre a non avere i servizi adeguati, hanno dei danni di cui nessuno risponde.

Al di là del discorso economico, ci sono danni incalcolabili a livello sociale che includono la salute pubblica, la serenità a cui tutti hanno diritto e, non ultimo, l’esempio che le istituzioni mostrano ai cittadini e, soprattutto, ai giovani. Che diritto ha questa categoria di creare questa situazione? Che diritto ha un funzionario pubblico di trattare il cittadino quasi fosse un suddito? Che diritto hanno le istituzioni pubbliche di enunciare che “l’ignoranza non è ammessa” quando uno dei loro servizi per cui sono preposti è proprio quello d’informare il cittadino? Spesso addirittura accade che il cittadino cade in errore per mancate informazioni, informazioni sbagliate, ritardi o omissioni che gli causano danni che gli possono distruggere la vita.

Ecco che gli articoli come quello del Sole e 24 Ore qui riportato, se interpretato fine a se stesso, può dare una percezione addirittura di efficienza: in Italia il costo pubblico è inferiore ai Paesi più virtuosi di noi. Se contestualizzato in tutto lo scenario, ovvero nel SISTEMA sociale, la minore incidenza di personale pubblico sul sistema produttivo italiano, può essere addirittura una con-causa della sua inefficienza, fermo restando l’ineludibile necessità di una riqualificazione professionale oltre che un ripristino dell’etica.

So bene che oggi, un articolo simile, porta a essere letto da pochi; conosco benissimo le percentuali statistiche riferiti ai tempi di attenzione media, capacità di critica e logica e tutte quei parametri che hanno portato la maggioranza all’ astensione e all’ignavia, ma ho ritenuto fondamentale mostrare che, a cominciare dall’informazione, se i dati non vengono visti nella loro completezza  e inseriti in un sistema sinergico quale è la società civile, e quindi non si ha la visione d’insieme, la proposta politica, che è alla base della gestione di un Paese, non può che essere errata….ed è quello che sta accadendo al nostro Paese da decenni.

Il cittadino, per definizione scritta anche dalla Costituzione Italiana, è sovrano, ergo, non è lui che si deve adeguare a “nuove normalità” deviate, ma sono le Istituzioni che si devono adeguare alle sue esigenze che cambiano continuamente sia per motivi demografici, sia per le evoluzioni tecnologiche che NON DEVONO essere imposte ma inserite gradualmente accompagnando il cittadino DI OGNI ETA’ in un percorso d’integrazione. Questo è quello che deve fare il servizio pubblico e per il pubblico e la politica deve essere garante per far si che ciò avvenga.

Buone Feste a tutti.

Massimo Gardelli

Sistema Paese – Società Civile & Economia Reale

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