Il dramma della bolletta della luce. Emblema del caos burocratico dell’Italia

Qualcuno di voi riesce a leggere la bolletta della luce? Ci vuole tempo, molta pazienza, tenacia e preparazione specifica. Ma è la noia il nemico in agguato: la gente non ha tempo da perdere e, quindi, si riferisce solo all’importo finale.

Tuttavia, la bolletta della luce è l’emblema di cosa sia l’Italia: un coacervo di norme intrigate e sofisticate, che si sovrappongono l’una all’altra, pensate da un contabile pazzoide, che fa il burocrate autoreferenziale e che detta legge.

Se si dovesse chiedere ad un politico come sia composta la bolletta della luce, annasperebbe privo d’ossigeno intellettuale. E così, privo d’ossigeno, non riesce a legiferare correttamente (posto che sia in grado di farlo in condizioni normali); e allora si rivolge al burocrate (quello di prima) che aggrava la situazione.

Che cosa pazzesca l’Italia: la politica ha creato la burocrazia; ora la burocrazia tiene in scacco la politica. E tutti e due tengono in scacco la società civile.

La norma si rispetta; guai a chi non la dovesse rispettare! Il burocrate si rifugia dietro la norma; il politico si rifugia dietro la norma. Ma la norma l’hanno fatta loro! Sembra che essa sia il nuovo dio.

Ma poi, norma su norma, dio su dio, nessuno sa più metterci mano perché il tutto sembra cementato, senza flessibilità. Non si adatta, non si innova, è immobile e statuario. Per cambiare bisognerebbe buttare giù tutto e disegnare un nuovo plastico come si fa nelle città che si rinnovano: i vecchi edifici abbattuti e sostituiti dai nuovi.

Sulla bolletta della luce ci vivono tutti: l’azienda fornitrice del servizio all’utente finale (che, gestendo il proprio margine nel prezzo di vendita al dettaglio della energia, dà l’ipocrita senso di liberalizzazione dei servizi); l’azienda di Stato che gestisce la rete, le strutture e le infrastrutture; il Fisco tramite l’Iva e le accise; la politica tramite i livelli occupazionali a propria disposizione; la Rai.

Chi paga tutto questo ambaradan? È ovvio: quello scemo dell’utente.

Tutta questa architettura contabile, emblema di un’Italia ingessata e spia di dove sia collocata veramente la sovranità, fa sì che l’oggetto della vendita (il kilowattora d’energia) sia un piccolissimo addendo dell’importo finale.

Un piccolo incremento del costo del kilowattora si traduce in una esplosione dell’importo finale in bolletta!

Se questo costo sale, è lo Stato quello che incassa di più. Ma quanta fame ha questo Stato? La sua ingordigia non ha limiti visto che l’importo finale in bolletta lo stabilisce l’apparato politico/burocratico statale.

Ma vediamo di capirci qualcosa sulla composizione della bolletta.

L’importo finale è costruito sommando vari addendi cui concorrono tre fattori:

  • fattore fisso (euro/anno), collegato alle strutture e infrastrutture;
  • fattore energia (euro/kWh), collegato al consumo del kilowattora;
  • fattore potenza (euro/kW/anno), collegato alla potenza della fornitura.

A queste si aggiungano l’IVA, le accise, la Rai.

Ora, il burocrate contabile che fa? Indica, in bolletta, “VOCI di SPESA”, la cui tariffa è costruita a partire da “composizioni articolate” dei tre fattori. Ad esempio, alla voce di spesa “materia energia” concorrono il fattore fisso ed il fattore energia; alla tematica “trasporto e gestione del contatore” concorrono tutti e tre i fattori; e così via. In particolare, alle accise concorre il fattore energia; all’Iva concorre tutta la bolletta.

È banale rendersi aritmeticamente conto che un aumento, anche minimo, del fattore energia, essendo esso ripreso ostinatamente in varie voci di spesa, si moltiplica notevolmente nel computo dell’importo finale. 

Inoltre, le accise (che sono una imposta) sono comprese nel calcolo dell’Iva.

Ma come? Una imposta sull’imposta? Mentre il fattore energia entra nel calcolo delle accise che entrano, a loro volta, nel calcolo dell’Iva?  Che casino!

Ma chi l’ha pensata questa stortura normativa? Sarebbe interessante conoscerlo.

Sarebbe da mandarlo a casa al più presto, allontanato a vita dai pubblici uffici, insieme ai suoi mandanti, perché sottrae, illegittimamente, soldi agli italiani per soddisfare appetiti inconfessabili di chi, non si sa chi. La politica non dovrebbe degenerare mai a questi livelli.

Ma ritorniamo alla bolletta! Guardiamo, solo per avere una idea dei valori in gioco, la tabella seguente, edita dalla CGIA di Mestre in relazione all’anno 2017 (purtroppo di 5 anni, ma l’unica disponibile!). Osservammo i dati: SOLO per le accise sulla bolletta, lo Stato incassa dalla bolletta un bel 2,9% del gettito fiscale!

Figuriamoci quanto possa incassare per l’Iva visto che essa incide con tassi fino al 22%!

Tutto questo solo di imposte. Ma intanto, anche le aziende elettriche di Stato, come anche la RAI, sono sostenute, direttamente in bolletta, dalla massa delle utenze. Poi la gente si lamenta che la bolletta della luce è raddoppiata: c’è sempre lo zampino dello Stato… che, dunque, andrebbe controllato meglio di quanto non si faccia.

Tralasciando diversi ammennicoli correttivi, tipo i bonus sociali, possiamo ora concludere: – in bolletta, dall’aumento, anche minimo, del costo dell’energia si passa ad un importo finale moltiplicato molte volte, per tanti aspetti proibitivo, del quale il Fisco incassa la maggior parte. Esso è il maggior beneficiario dell’aumento del costo energetico pur non avendone alcun diritto.

Ecco quindi la proposta politica, valida sempre, non solo nella contingenza, perché la normativa vigente appare non supportata da questioni di diritto.

  • L’aumento del costo energetico dovrebbe essere sterilizzato in bolletta nei suoi indotti effetti moltiplicatori. A questo si deve aggiungere una semplificazione normativa per evitare che uno stesso fattore incida su diverse “voci di spesa”; si deve anche aggiungere una riduzione delle percentuali d’imposta (accise ed Iva) perché lo Stato deve pur attuare una spending review in relazione ad una spesa pubblica complessiva di oltre €1.100 mld. Come si debba pensare a rendere efficiente le aziende di Stato coinvolte (Terna e Rai) per diminuire l’incidenza dei loro costi -.

La nostra opinione è che, agendo sui costi interni, per come suggerito, si possa evitare il ricorso al prestito per sostenere l’economia reale e le famiglie; questo, da un lato, lascia statico lo scenario, dall’altro deve essere restituito con ovvio aggravio della pressione fiscale sul Paese. Di questa, ce ne è già in abbondanza.

L’economia reale ha bisogno di respirare; ed il Paese rinnovato.

Antonio Vox – Presidente Sistema Paese – Economia Reale & Società CivileFacebookTwitterWhatsAppEmailPrintCondividi

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