La saga dei Cecchettin

Sappiamo tutti cosa sia successo a Giulia Cecchettin. La sua efferata uccisione, ad opera dell’ex fidanzato Filippo Turetta, ha tenuto e tiene ancora banco, quotidianamente, nei media.

Infatti, sappiamo tutto di quel che accade nei dintorni di papà Gino, della sorella Elena e dell’assassino che dovremmo aggettivare come “presunto” fin quando non sarà concluso l’iter giudiziale.

Papà Gino e la sorella Elena sono, ormai, personaggi pubblici: appena aprono bocca, ecco che si apre un dibattito e una polemica. E’ recente la polemica suscitata da Elena sulla performance del cast di Mare Fuori all Festival di San Remo.

Ma cosa hanno detto questi giovanotti di Mare Fuori?

Presumibilmente, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla violenza di genere e sui femminicidio, non hanno trovato di meglio che stilare il cosiddetto “nuovo glossario delle parole d’amore”“Ascolta, Accogli, Accetta, Impara, Verità, Accanto, No, Insieme”. Otto parole.

Non sembra che i giovanotti di Mare Fuori siano conosciuti come politici, psicologi, studiosi della società, o altro di simile. Sono cittadini che lavorano come attori in una serie televisiva italiana che racconta della voglia di riscatto di giovani detenuti in un carcere a picco sul mare.

Hanno semplicemente cavalcato un tema ricorrente nei media e perciò diffuso  nella opinione pubblica. Ma chi glielo ha fatto fare. Il Festival è di musica.

Ma subito Elena ha esternato su Instagram “Le frasi ascoltate martedì su quel palco sono roba da Baci Perugina. E soprattutto sono frasi sull’amore. Ma l’amore non ha niente a che vedere con la violenza maschile …. Di un siparietto intriso di pinkwashing le vittime di femminicidio e 13 sopravvissute se ne fanno poco, sul serio non si poteva fare di meglio?”.

Poi si scopre che Elena ha copiato dalla scrittrice Carlotta Vagnoli, attivista e attiva sui social che ha scritto: “Le nuove regole dell’amore portate sul palco di Sanremo ieri sera in quella che a tutti gli effetti è una promo al sapore di pinkwashing di Mare Fuori, sono un concentrato di privilegio maschile e naftalina … Non si parla di patriarcato, di cultura dello stupro, di violenza maschile contro le donne, di privilegio, di mascolinità tossica”.

Forse la Vagnoli pretendeva, in un Festival musicale (ripetiamo), una lezione sulla Società Civile. Amadeus ha dovuto rispondere per le rime ma le parole di Elena hanno suscitato un vespaio di “polemiche politiche” che non sarebbe esploso se le parole di Carlotta Vagnoli non fossero state riprese da Elena (con tutto il rispetto per la Carlotta).

 ’ recente anche l’annuncio di papà Gino che ha deciso di pubblicare un libro “Cara Giulia”, scritto insieme allo scrittore Marco Franzoso. Il libro, così sembra, dovrebbe essere una tappa di un programma inteso a tener vivo il tema della violenza di genere e dei femminicidi.

Dice il Gino: “Provo ad analizzare dove abbiamo sbagliato, soprattutto noi genitori, padri e madri, dove siamo stati poco presenti e non siamo riusciti a educare i figli all’amore, al rispetto, alla comprensione, ma li abbiamo forse educati a una modalità di vita incentrata sul possesso”.

Infatti, egli sostiene che il caso Giulia è diventato nazionale e lei, la Giulia, è diventata un simbolo che, si spera, possa essere da stimolo per un cambiamento.

Ma come mai la famiglia Cecchettin è diventata così famosa? Come mai ci si dimentica di raccontare con dovizia dei tanti femminicidi altrettanto drammatici e tragici?

Come mai Giulia è diventata un caso nazionale e un simbolo di così grande risonanza?

La risposta dovrebbe essere semplice: perché i media hanno fatto e continuano a fare gran cassa.

A chi volete, infatti, che interessino le esternazioni di Elena su San Remo (appare che non sarebbero mai state pronunciate senza Carlotta Vagnoli) e la pubblicazione di un libro di Gino (appare che non sarebbe mai stato scritto senza Marco Franzoso)?

 Allora, se papà Gino ed Elena non sono così importanti, e sarebbe meglio lasciarli nel proprio dolore, cosa interessa veramente? Interessano i temi: patriarcato, femminicidio, violenza di genere.

La famiglia Cecchettin è solo lo specchietto per le allodole. Infatti, l’opinione pubblica è proprio questo che comincia a pensare, vista la insistenza ostinata dei media.

Il pensiero del lucrare sulla morte di Giulia”, per secondi e inconfessabili fini, comincia a diffondersi. E’ sintomatico il pensiero espresso da Federica Magro, direttrice editoriale di Rizzoli che pubblicherà il libro, quando esprime gratitudine a Gino Cecchettin per il ruolo chiave che può giocare nel cambiamento della società; come se non avessimo politici messi lì apposta per legiferare.

Osservare: “Giocare nel cambiamento”. Ovviamente: si preannunciano le elezioni.

Infatti, sembra quasi un altro caso Cucchi con l’epilogo di Ilaria, la sorella, di cui si sono perse le tracce, oggi deputato del PD.

Ma, qui, c’è in gioco un bottino più appetibile: la famiglia e il maschilismo.

Ora, però, dobbiamo chiederci: ma esiste veramente il patriarcato in Italia come fattore dominante della famiglia italiana? Noi crediamo proprio di no.

Ma, se si, come si estirperebbe? Non c’è un progetto sociale ma solo una reiterata e ossessiva accusa equivalente a quella del pericolo della dittatura in Italia. Il che significa che è tutto molto discutibile.

Ma andiamo oltre e vediamo quale dimensione abbia il tema del femminicidio da noi.

Ebbene, vi proponiamo la seguente tabella “i femminicidi in Europa” pubblicata da Eurostat. L’Italia appare nella parte bassa.

A voi le considerazioni e i commenti.

 

Antonio Vox

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