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Pfizer: pandemia e vaccini

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La pandemia, i vaccini e i farmaci associati, sono stati una straordinaria occasione di profitti per la case farmaceutiche che si sono arricchite oltremodo tanto da diventare eccezionalmente influenti, con la loro scienza partigiana, sia ai livelli governativi che mediatici.

Una nutrita schiera di supporters le hanno affiancate.

Non c’è dubbio che la parte del leone l’abbia fatta la Pfizer.

Però, come si dice: il diavolo fa le pentole e non i coperchi.

C’è, infatti, uno studio danese che ha analizzato la variabilità degli effetti avversi al variare dei lotti di produzione del vaccino BioNTech Pfizer.

Qui, ne svolgiamo una sintesi sulla base di un grafico dello studio danese e, anche, riferendoci a quanto commentato sul tema, nel programma Punkt.Preradovic della giornalista tedesca Milena Preradovic, dal dr. Gerald Dyker (professore di chimica organica presso l’Università della Ruhr di Bochum) e dal dr. Jörg Matysik (professore di chimica analitica presso l’Università di Lipsia), da sempre molto critici sulla qualità e sulla sicurezza dei vaccini.

Nella ascissa sono indicate le dosi somministrate, nell’ordinata sono rappresentati i sospetti eventi avversi.

Si nota subito che i lotti della linea verde sono stati quelli più utilizzati in Danimarca.

Ben 800.00 somministrazioni (il 60% del totale in Danimarca) a fronte di 2.000 sospetti eventi avversi. Ben 1 evento avverso ogni 400 somministrazioni: non poco.

I lotti della linea blu, con 80.000 somministrazioni, hanno prodotto ben 8.000 eventi avversi. Ben 1 evento avverso ogni 10 dosi: una enormità che ha provocato quasi il 50% dei 579 decessi registrati nel campione.

La scarsa somministrazione della linea blu potrebbe far pensare che quei lotti siano stati ritirati dal mercato in sordina.

I lotti della linea gialla, con 200.000 somministrazioni (oltre il 15% del totale) e con zero effetti avversi, alla guisa di un placebo, sembra indurre il sospetto che siano stati “acqua fresca”. Lotti per completare la fornitura contrattuale che Pfizer non è riuscita a produrre.

Quello che balza in evidenza è che il processo produttivo della Pfizer è molto discutibile, sia dal punto di vista della sicurezza che da punto di vista della qualità. Assumere un vaccini Pfizer appare come giocare al lotto perché è il ciclo produttivo del tutto aleatorio.

Ma è evidente, anche, che la stabilità del vaccino in sé è molto imprevedibile, così come la sua progettazione.

Cosa mai, le autorità sanitarie hanno costretto ad assumere, giocando sulla fiducia dei cittadini ma giungendo anche alla costrizioni del potere?

Quello che, però, è del tutto sorprendente è il venire a conoscenza, come Dyker e Matysik hanno scoperto e denunciato, che l’agenzia di regolamentazione tedesca, l’Istituto Paul Ehrlich (PEI), responsabile del controllo di qualità per le forniture di vaccini Pfizer-BioNTech nell’UE, abbia testato e approvato (per il rilascio commerciale) tutti i lotti della linea blu, gran parte dei lotti della linea verde, quasi nessuno dei lotti della linea gialla.

Il PEI è il laboratorio d’analisi della qualità del prodotto della società tedesca BioNTech (non il suo partner americano Pfizer) ai fini della approvazione alla commercializzazione in EU.

Se tutto questo non sia terreno fertile per dubbi maligni, visto che la EU ha acquistato ben 1,8 miliardi di dosi Pfizer, al costo di oltre € 35 mld…

Ora, Ursula von der Leyen è accusata di avere negoziato in prima persona l’acquisto delle dosi dalla Pfizer e, certamente, molti sapevano della stortura.

Pensate: 1,8 miliardi di dosi, con una popolazione europea di 350 mln di cittadini (tutti inclusi), sono oltre 5 dosi a persona; senza contare ulteriori € 35 mld per altre aziende farmaceutiche per “differenziare opportunamente” la fornitura; degli alibi non si deve mai fare a meno.

Ci crediamo che la Ursula vorrebbe rimanere al suo posto!

Antonio Vox

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