Nord vs Sud: indegna la puntata di “Non è l’Arena”

Pensavamo di essere già saturi con una crisi globale da pandemia, con una crisi globale da energia, con una crisi globale da ristagno economico.

Tutte questioni che, però, in Italia, hanno assunto livelli di tragedia come se noi si fosse nella ammucchiata dei paesi del cosiddetto “terzo mondo”, i più deboli, con i quali il nostro bel Paese, una volta potenza economico industriale, si avvia a competere.

Pensavamo che fosse possibile ricominciare da lì, dallo stato di saturazione, un percorso intellettuale inverso di liberazione dalle farraginosità, dai luoghi comuni e dagli slogan che avvelenano le menti, dai conflitti sociali inutili e dannosi procurati da un pernicioso marketing sociale basato sulla discriminazione.

Questa speranza era riposta nell’esito delle recenti elezioni nazionali nelle quali, al di là di ogni analisi politica, spiccava, con il voto alla Meloni, il tema sociale di aver esorcizzato la paura di un ritorno dittatoriale di destra: l’antifascismo perdeva il suo appeal.

In verità, nonostante una campagna elettorale imperniata sul pericolo fascista, non ci credeva nemmeno Enrico Letta ad un ritorno dittatoriale di destra, chiaramente impossibile in questa Europa e in questo Occidente.

Questi piccolissimi segnali di controtendenza, che hanno messo in crisi il PD, sembra che non siano stati accolti dai talkshow e dai loro conduttori che hanno continuato, imperterriti, la loro campagna di discriminazione, a prescindere, come se obbedissero ad un ordine di scuderia.

Pensavamo di essere già saturi; ma la speranza di un ritorno alla ragione, con la puntata di “Non È l’Arena” del 10 ottobre, condotta dall’ineffabile Massimo Giletti da Torino, ci ha sbattuto in faccia l’evidenza che siamo ancora lì, sul fondo.

Cosa è successo? È riemerso, prepotente, un vecchio ritornello: il “divario intellettuale” NORD vs SUD.

Si, perché ormai è chiarissimo: il divario è intellettuale e riverbera nella politica del Governo per il Mezzogiorno; e prende forma e consistenza nei “pregiudizi e giudizi” discriminatori di certa gente che non sarebbe male che ritornasse a scuola.

È successo che, in trasmissione, sono stati invitati due percettori di Reddito di Cittadinanza (da capire come siano stati selezionati!) che, era ben prevedibile, erano destinati ad essere messi alla berlina: tutto era pronto!

Come? Con la tecnica, solita e ben conosciuta, che crea indignazione evitando accuratamente di voler capire le problematiche.

La signora Forelli Loretta, imprenditrice nel settore merceologico Metallurgia, Siderurgia e Mineraria, di Brescia (che si è dichiarata, come il cavolo a merenda, ex presidente della Croce Rossa a dimostrazione dell’ambiente sociale di riferimento), ha offerto ai due percettori di RdC un posto di lavoro nella propria azienda a Brescia a € 1.800/€ 2.000, nel caso “avessero voglia di lavorare”. Ecco la polpetta avvelenata.

Quindi, la domanda assassina e ineludibile: “cosa rispondete a questa offerta?”.

Ora, non può sfuggire a chi ragiona con il cervello e non con la pancia, che un “trasferimento” da Napoli a Brescia, e un radicamento in un nuovo territorio, buttando all’aria le proprie radici e la propria storia, il proprio ambiente e le proprie relazioni, in età non più verde, non vale certo € 2.000 dalle quali devi sottrarre circa € 1.000 per il solo alloggio.

La domanda, quindi, appare del tutto provocatoria, per creare discriminazione, indignazione e metter all’indice, in un auditorio sempre pronto a rispondere al fascino dell’accusa che criminalizza.

I due hanno risposto, ragionevolmente:
1. Vogliamo stare a casa nostra; non vogliamo fare gli emigranti, come già successo nella storia italiana; non vogliamo lavorare per il reddito di altri territori; vogliamo lavorare per la nostra terra e la nostra comunità;
2. Perché fate la proposta a noi, a Km 1000, e non ai percettori di Reddito di Cittadinanza di Brescia e dintorni, che sono oltre 200.000 e che hanno, certo, il diritto di prelazione?
3. Al SUD, in mancanza di doverose politiche di crescita economica, sviluppo
sociale e di creazione di posti di lavoro, promesse da decenni, è giusto che la
dignità dei cittadini sia rispettata: il RdC è uno strumento.

Svelato l’obiettivo programmato dello “sputtanamento”!
Il conduttore non ha sentito ragione; nonostante il sipario sia stato sollevato, ha continuato nella sua partitura.

Gli interventi “a sostegno”, programmati, che si sono succeduti, si sono rivelati disastrosi.

Quello di Luigi Paragone che, insistendo, secondo copione, sulla focalizzazione della sequenza domanda/risposta per inchiodare i due percettori (ti è stata fatta una domanda, ora rispondi!), ha mostrato, sia il vero volto del suo pensiero, sia l’incapacità politica di capire le dinamiche sociali (ricordiamo che si è candidato alle ultime elezioni); quello di Rosalia, dipendente felice di Unieuro, incazzata perché “non vuole pagare i
beneficiati dal RdC”; quello di Enrico Schettino, percettore napoletano di stipendio statale che, dall’alto del suo tranquillo scranno, ha dimostrato di essere passato, armi e bagagli, dalla parte degli aguzzini dediti alla discriminazione sociale e vuole insegnare alla gente come vivere.

Ma l’acme l’ha raggiunto l’ineffabile Massimo Giletti, torinese, che, per salvare lo sketch, non ha trovato di meglio che arringare: “alzate le maniche e lavorate; rifiutare un posto di lavoro è scostumatezza”.

Frase tipica da troglodita non rispettoso della dignità delle persone e infarcito di pregiudizio fino al violaceo.

Il tema è: chi percepisce il RdC non ha voglia di lavorare perché il lavoro c’è, anche a Napoli.

Il ridicolo si è raggiunto quando uno dei due percettori di RdC ha dichiarato di aver partecipato ad un concorso per “operatore ecologico”, organizzato dal sindaco di Napoli Manfredi, dove le domande di ammissione vertevano sulla età Sales (giocatore del Liverpool), sulle canzoni di Orietta Berti ed altre simili.

Vien da domandarsi dove prendono, gli amministratori, le aziende di consulenza per le selezioni del personale.

Il SUD non vuole elemosina, pretende una politica per il Mezzogiorno di crescita economica e sviluppo sociale, vuole lavorare per la propria terra, non vuole costituire manodopera per il Nord.

Ci vuol tanto a capire?
Perché criminalizzare i percettori di reddito che non fanno altro che usare la legge?

Non si ha il coraggio di dire che la legge sul Reddito di Cittadinanza è un obbrobrio legislativo; è una idea deformata di politica per il Paese, dalla genesi sino alla applicazione del tutto demenziale, priva di buon senso e di coerenza.

Qui non ha fallito il cittadino meridionale: ha fallito tutto i Parlamento; ha fallito la burocrazia; ha fallito l’esecutivo.

Hanno fallito le istituzioni, tutte, dai vertici ai portaborse.

E i talk show, come “Non è l’arena” ci mettono, indegnamente, un peso da novanta puntando su una inutile discriminazione, e una criminalizzazione di alcune fasce di società: sembra che non sappiano fare altro.

Uno sfacelo di questa Italia.

La verità è che i nostri politicanti non hanno saputo progettare nulla, per il Mezzogiorno, semplicemente perché non ne sono capaci.

Puntata indegna che non fa altro che rinfocolare antichi e mai sopiti rancori.

Ma la gente, ora, comincia a capire e a reagire.

Antonio Vox

Presidente “Sistema Paese” – Economia Reale & Società Civile

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