Il 25 aprile e le occasioni divisive

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Quest’anno, il 25 Aprile, la simbolica Festa Nazionale della Liberazione, è caduta di giovedì. Di cosa successe in quel 25 Aprile 1945, non si ricorda più nessuno: sono trascorsi quasi 80 anni.

Per la cronaca, quel giorno non segnò la fine della guerra ma cominciò la ritirata dei tedeschi e dell’Esercito di Salo’ dai territori italiani del Nord (Torino e Milano): la famosa linea Gotica, dal fiume Magra, in Toscana, a Pesaro, nelle Marche, aveva ceduto.

Il 25 Aprile è una Festa Nazionale, cioè di tutti; fu istituita, vigente il Regno d’Italia, dal governo provvisorio del trentino Alcide De Gasperi, con decreto del 22 Aprile 1946, in attesa del referendum del 2 giugno 1946 che decretò la nascita della Repubblica Italiana.

Tuttavia, come ogni anno, il 25 Aprile è occasione per riaccendere violenta la mai sopita querelle fra fascismo e antifascismo.

Intanto, però, di Festa Nazionale non c’è nemmeno l’ombra: sembra che si faccia di tutto per dividere il Paese.

E chissà, se gli italiani, in vacanza o no, se ne preoccupano più di tanto visto i problemi che debbono quotidianamente affrontare.

Cosa sia stata la miccia odierna, è presto detto.

Per celebrare il 25 Aprile, Antonio Scurati avrebbe dovuto recitare, in RAI, nella trasmissione Chesarà, un monologo di un minuto o poco più.

Chi è Antonio Scurati? E’ un docente di letterature comparate e di scrittura creativa all’Università IULM di Milano; giornalista del Corriere della Sera e de La Stampa; scrittore di una trilogia dedicata a Benito Mussolini e al fascismo; vincitore dei premi Campiello e Strega. 

Cosa avrebbe detto Scurati nel suo monologo? Avrebbe detto dell’efferato assassinio di Giacomo Matteotti; degli eccidi perpetrati da tedeschi e fascisti a danno di inermi gente italiana, non esclusi i bambini; delle ipocrisie di Mussolini alla moglie di Matteotti.

Per chiudere con una pesante e violenta arringa nei confronti del Governo che si conclude così: “Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana“.

La famosa abiura tante volte chiesta e mai pronunciata.

Risultato? Il monologo di un minuto è stato cancellato. Poi, la conduttrice Serena Bortone legge in trasmissione il testo integrale che viene anche pubblicato dal Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sul suo profilo personale di Facebook.

Cosa pensate che sia successo? Apriti cielo. Un putiferio incredibile, anche perché si è in vista delle elezioni. Accuse e controaccuse; gossip e verità; ipocrisie e indignazione.

Da un lato: è censura; dall’altro: costo troppo alto (€ 1.800) per un monologo di un minuto.

Da un lato: è regime; dall’altro: è questione economica e commerciale.

Ed ecco il post della Girogia Meloni: “Non so quale sia la verità, ma pubblico tranquillamente io il testo del monologo (che spero di non dover pagare)’’.

Ecco la replica di Scurati, in una lettera pubblicata da Repubblica.it: “La informo che quanto lei incautamente afferma, pur ignorando per sua stessa ammissione la verità, è falso sia per ciò che concerne il compenso sia per quel che riguarda l’entità dell’impegno. Non credo di meritare questa ulteriore aggressione diffamatoria … Il mio pensiero su fascismo e postfascismo, ben radicato nei fatti, doveva essere silenziato … Pur di riuscire a confondere le acque … un capo di governo, usando tutto il suo straripante potere, non esita ad attaccare personalmente e duramente con dichiarazioni denigratorie un privato cittadino e scrittore suo connazionale tradotto e letto in tutto il mondo. Questa, gentile presidente, è una violenza … È questo il prezzo che si deve pagare oggi nella sua Italia per aver espresso il proprio pensiero?”.

Paolo Corsini, direttore RAI dell’Approfondimento scriveva: “Nessuna censura … ma non bisogna confondere aspetti editoriali con quelli di natura economica e contrattuale …”. 

Come era prevedibile, si scatenano Maurizio Landini della CGIL, Giorgio Gori sindaco di Bergamo, Federico Mollicone presidente della commissione Cultura della Camera, gli esponenti FdI in Vigilanza RAI, e tanti altri come l’immancabile Saviano e il sorprendente D’Amico.

Sergio Roberto l’amministratore delegato della Rai, dice irritato “Da settimane la Rai è vittima di una guerra politica quotidiana con l’obiettivo di distruggerla … Certamente non lo avrei censurato …“. 

Talk show e web invasi dalle polemiche.

Al centro dei dibattiti è l’abilità perversa di Giorgia Meloni di utilizzare con efficaci i media mischiando il vittimismo con il ridicolizzare gli avversari: una pericolosa manipolatrice dell’opinione pubblica.

Quale la nostra opinione? La diciamo anche se non pretendiamo di doverla diffondere come esige, invece, Antonio Scurati: noi non siamo nessuno.

Da un alto, il monologo andava trasmesso, non censurato (se lo è stato). Ma, nel contempo, ad onor del vero, bisogna rilevare che l’autore, da quello che scrive, crede di essere Dante Alighieri e, nel credersi questo, appare essere stato niente affatto signorile e certamente inopportuno. Invece di unire, si è preoccupato di disunire. Se per la prima parte del suo monologo si può asserire che la storia è storia; cosa c’entra, nella seconda parte tranciare non opinioni ma giudizi e sentenze nella seconda Parte? E’ inutilmente offensivo soprattutto quando si debba celebrare una Festa Nazionale.

Che Antonio Scurati si tenga quelle che chiama le sue opinioni, in una celebrazione pubblica, perché altri non possono esporre le loro.

Comunque il lettore che già si è fatta una idea da quanto scritto fin’ora, può perfezionare le sue impressioni leggendo il testo integrale del suo monologo qui allegato.

Noi concludiamo nel dire che siamo veramente stufi di questa querelle tra fascismo e antifascismo soprattutto quando, per certo, nessuno qui ha vissuto realmente quel periodo perché dovrebbe avere ben oltre 100 anni.

E’ ormai roba da libri di storia. E domani è un anno di più.

Antonio Vox

Il testo integrale di Antonio Scurati

Il testo del monologo di Antonio Scurati per il 25 Aprile, pubblicato in versione integrale sul sito di Repubblica. 

 

Prima Parte

“Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924.

Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro”.

“Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania”. “In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944. Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati”. “Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista.

Seconda Parte

Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via”.

“Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023)”. “Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana”.

 

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