Gli investimenti al sud d’Italia. Spia di un fallimento annunciato

Antonio Vox investimentimeridionesud italia

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Facebook Un recente studio di Ernst & Young, “Barometro 2020”, fa il punto sul mercato degli investimenti in Italia, operato da Fondi di “venture capital”.

Quello che qui interessa è la focalizzazione sul Mezzogiorno d’Italia. Questi Fondi partecipano al capitale dell’impresa scommettendo sul successo di mercato della sua strategia di crescita e sviluppo.

Le attenzioni degli investitori, come ovvio, sono rivolte sia a start up innovative sia ad imprese consolidate che intendano sviluppare significativi salti di qualità e di dimensioni puntando a competitive e rivoluzionarie proposte d’offerta. 

Ma chi è Ernst & Young, meglio conosciuta come EY? È un “network mondiale di servizi professionali” per consulenza direzionale, revisione contabile, fiscalità, transaction e formazione, con circa 300.000 dipendenti nel 2020, presente a livello mondiale in oltre 150 Paesi. Lo studio annuale di EY, quest’anno chiamato Barometro 2020, rileva che le operazioni d’investimento nel SUD dell’Italia, nel 2019, sono state solo il 5% di quelle totali nel Paese.

Questa percentuale è scesa, nel 2020, al 4% con una drastica riduzione del 20% rispetto al 2019: una débâcle annunciata. Leggere queste percentuali a singola cifra fa un po’ impressione, soprattutto a fronte del 12% dell’Italia Centrale e del 84% dell’Italia del Nord.

Chiunque può rendersi conto che il divario, nel Paese, è sempre più accentuato e irrecuperabile, ma esso diventa realmente disastroso di fronte al volume dei capitali investiti che di per sé non sono certo esaltanti.

Infatti, nel 2020, furono annunciati € 569 mln d’investimenti: di questi solo € 22 mln al SUD rispetto ai € 68 mln al Centro e addirittura € 477 mln al Nord.

Cosa significa tutto questo?

La narrazione ufficiale, il “mainstream” declinato in linguaggio anglosassone, deduce che, in generale, il nostro Paese non riesce ad attrarre capitali e investimenti” e, conclude, in particolare, che il SUD è paragonabile al deserto; tuttavia, non si ha evidenza di una politica economica per il Mezzogiorno.

Noi, al contrario del “mainstream”, ma sempre in linguaggio anglosassone, deduciamo che il venture capital non riesce a fare shopping in Italia ed, in particolare, al SUD”

Arriviamo alle stesse tesi per il SUD (è un deserto), prendendo tuttavia le mosse da un diverso punto di vista che induce una innovativa e affatto divergente politica economica che debba consolidare la propria azione facendo perno sui punti di forza del Paese.

Uno di questi punti di forza è la invidiabile dimensione della liquidità del risparmio privato italiano, addirittura superiore al PIL della Spagna, che troverebbe un giusto rendimento nell’impiego in investimenti nel Mezzogiorno ma che oggi è inesorabilmente depauperato da interessi bancari nulli e dai costi, sempre crescenti, del servizio bancario. 

E’ vero, il SUD è un deserto: oltre alla carenza strutturale di lavoro, non esiste lavoro di qualità; non esiste economia reale, autonoma e indipendente, ma economia sovvenzionata, di sudditanza e di difficile approvvigionamento.

Questo è il vero problema: senza lavoro di qualità, le risorse più pregiate sceglieranno la via della emigrazione portando lontano dal Mezzogiorno d’Italia energia, creatività, competenze e la loro giovinezza.

La distruzione pianificata del futuro.   La creazione, non più la rinascita, di un Mezzogiorno d’Italia non dovrebbe essere la priorità assoluta di un governo?

Come fa a correre, verso la crescita e lo sviluppo, un Paese claudicante, senza una gamba?

Come fa la Politica a non capire che è necessario creare un “ecosistema”, un humus, per favorire non solo la nascita di posti di lavoro ma quella di posti di lavoro di qualità?

Come fa un Paese a progredire se il suo tasso d’attrattività dell’investimento è pari a zero?

Molti politici meridionali e molti sedicenti meridionalisti si arrabattano nel chiedere la “parità di fondi” rispetto al Nord.

Sembrano tutti dei piccoli Enrico Letta, il segretario del Pd, la cui ricetta per l’Italia è la “parità di genere” che diventa insignificante e fuorviante di fronte alla fame del Paese di competenza, attitudine e merito: tutta roba che non è vincolata al genere/sesso.

Queste richieste hanno il sapore del “vecchio ed obsoleto”. Manca, è del tutto evidente, la consapevolezza che qui non si tratta di fondi: lo dovrebbero oramai sapere tutti.

È questione di “ecosistema”: questa dovrebbe essere la richiesta; che è molto più dei soldi, molto più della “edificazione edile”.

Il PNRR, la legge al 110%, vanno nella direzione della “visione edile”, vanno nella direzione della “costruzione fisica”, anch’essa necessaria ma niente affatto sufficiente.

Infatti, dopo aver costruito, finiti i capitali, che succederà dei posti di lavoro “edili”? Quale sarà lo scenario della Economia Reale? Sarà stato generato l’ecosistema virtuoso? O non avremo ancora un Mezzogiorno spopolato di energie e creatività, di competenze ed attitudini, di risorse e nuove generazioni?

Il Disegno per il Paese futuro è questione complessa. Noi disponiamo di progettisti? Quelli che una volta si chiamavano statisti?

Antonio Vox – Presidente di “Sistema Paese” – Economia Reale & Società Civile

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