La disperazione di Macron

Appare sempre più evidente che la guerra in Ucraina non la vuole vincere nessuno, ma nemmeno la vuole perdere, ovviamente.

Deve stare lì finché qualcosa di irreparabile non accada, fuori controllo.

Per dare una immagine plastica della situazione, i due contendenti, quelli veri (Russa e Nato), sudando e sbuffando e sprecando energie, fanno un “braccio di ferro” che oscilla su e giù, ma, sostanzialmente, rimane statico.

Non c’è alcuna intenzione di perseguire una via diplomatica.

Intanto, distruzioni, macerie e vite spezzate di civili e militari si consuntivano quotidianamente mentre si gioca con tutto ciò di cui si dipone: sanzioni da un lato, nazionalizzazioni dall’altro; Putin condannato da tribunale internazionale, da un lato; Zelensky ricercato come criminale, dall’altro.

E, poi, in campo, armamenti sempre più offensivi e sofisticati.

La Nato, da un lato ,si è risvegliata; la Russia, dall’altro, si è compattata.

In questa storia, come in tutte le storie di questo tipo, chi paga il prezzo della follia sono i popoli che perdono tutto quello che hanno costruito, compresa la vita, per essere chiamati “eroi”.

Non hanno voce, parlano solo i feudatari.

In una sua intervista al settimanale Economist, Emmanuel Macron, presidente francese, si diverte a giocare con la benzina, vicino al fuoco.

Cosa ha detto? Citiamo: “se i russi sfondassero le prime linee, se ci fosse una richiesta ucraina … non escludo nulla perché siamo di fronte a qualcuno che non esclude nulla … e se la Russia vincesse non ci sarebbe sicurezza in Europa … L’Europa è mortale, può morire … c’è davvero un risveglio strategico a seguito dell’aggressione russa … il chiaro obiettivo strategico è che la Russia non può vincere in Ucraina”.

Dev’essere impazzito, potrebbe pensare qualcuno.

Macron vuole la terza guerra mondiale? Di certo dice di voler costruire una Europa forte a immagine e somiglianza della mai dissolta grandeur francese e per questo agita la bandiera del nazionalismo europeo.

Su questa narrazione sa di trovare buoni amici nel mondo anglosassone e nella Nato e nei Paesi confinanti con la Russia.

Le sue difficoltà interne, con sondaggi che lo pongono dietro a Marine Le Pen, e i suoi disagi europei nel confronto diretto e personale con la inattesa performance della Meloni, lui li vuol esorcizzare puntando il dito verso pericoli e nemici esterni per chiamare a raccolta il “solito popolo bue”.

Ma il “perfido gallo francese” non ha il coraggio di affondare sulla Italia, con i suoi sguardi di superiorità, memore che la sua competitor è “pupilla” degli USA. Così concede: “La premier italiana ha un approccio europeo … dopodiché, il modo migliore per costruire insieme è avere il minor numero possibile di nazionalisti”.

Vien da pensare che il Macron abbia un po’ di confusione intellettuale fra nazionalismo e sovranismo italiano, nazionalismo e sovranismo francese, nazionalismo e sovranismo europeo.

Ma non ci preoccupiamo, la confusione dei significati delle parole (tanto, il popolo nono capisce!) è il perno di questa politica di narcisistica vanità e di sottocultura intellettuale.

Intanto, gelo dai Paesi membri e dall’Italia che, in particolare, declina, determinata, l’invito alla guerra.

Alla fine, nel lanciare un pugnale velenoso, il presidente ha invece fatto un favore alla Meloni.

Macron ci è scaduto parecchio come abile politico.

Però, emerge una liaison fra Macron, Biden, Draghi.

I tre, pur con obiettivi diversi, hanno in comune un bel pezzo di strada.

Biden è il capo di un Occidente che sta perdendo pezzi da tutte le parti ed è al crepuscolo dell’attuale ordine mondiale; gli USA hanno molti problemi da tutte le parti e non possono fare la figura dei perdenti già diverse volte assaporata; Macron è anche lui in parabola discendente ma resiste al declino con l’obiettivo di contare ancora in Europa a patto che questa Europa sia una cosa vera; Draghi ha la vanità della certezza che non esistano teorie migliori delle sue anche se disprezzano il “solito popolo bue” e aspira a stare ancora al sole, da consulente a disposizione o, meglio, da presidente: sarebbe l’epilogo prestigioso di una carriera di successo.

Obiettivi diversi e percorsi comuni.

Però, le esternazioni incredibili di un politico di lungo corso come Macron hanno trovato una eco inattesa nelle dichiarazioni del ministro degli Esteri britannico, David Cameron, sul “diritto di Kiev di usare armi britanniche per colpire la Russia nel suo territorio”.

Parole, queste, ancora più guerrafondaie di quelle di Macron che si limitava ad azione dirette sul territorio ucraino.

Come si fa, allora, a non supporre che non ci siano nemmeno labili iniziative diplomatiche in direzione della pace?

Francia e Inghilterra appaiono del tutto fuori fase: non hanno capito che la seconda guerra mondiale è finita da 80 anni! Quei tempi ormai sono morti. Non hanno capito che, oggi, le guerre fra grandi si fanno con i pulsanti e non nelle trincee.

C’è da pensare che, in gioco, ci debba essere molto di più della semplice Ucraina!

Ma, allora, a valle delle parole di Cameron, sorge il dubbio che Macron non si sia mosso in proprio; che sia stato “mandato”?

Di solito, quando qualcosa di inconfessabile bolle in pentola, si fanno “assaggi” per chi non sta in cucina fra i cuochi addetti (ci riferiamo a governanti non invitati) e sull’opinione pubblica, il “solito popolo” ignaro, inconsapevole e, soprattutto, incolpevole.

Tutto ciò non poteva non riscontrare la risposta minacciosa della Russia.

E, infatti, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, dice: “Parole pericolose quelle di Macron e di Cameron; così si rischia di l’escalation diretta che potrebbe, potenzialmente, rappresentare un pericolo per la sicurezza europea, l’intera architettura di sicurezza europea”.

Ma questi signori non riescono a stare zitti?

Perché non lasciano la scena?

Perché non la si smette di fare giochi pericolosi?

Antonio Vox

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