“Debanking” in Francia, Uk, USA e Canada: “Conti correnti chiusi a chi è contro governo, vaccino Covid o teorie gender fluid”.

Macron partito sistema paese

Si tratta di un attacco alla proprietà privata, caratterizzato dalla brusca e arbitraria chiusura dei conti correnti di individui e associazioni da parte delle rispettive banche, per motivi politici

Il termine “debanking”, pratica diffusa in Francia, Uk, USA e Canada, denota un attacco alla proprietà privata, caratterizzato dalla brusca e arbitraria chiusura dei conti correnti di individui e associazioni da parte delle rispettive istituzioni finanziarie. Negli ultimi mesi molte enti, associazioni ma anche privati si sono visti chiudere i propri conti dalle proprie banche, a causa delle loro opinioni contro le posizioni dei governi, contro l’obbligo di vaccino Covid, del green pass contro le teorie gender fluid.

“Debanking” in Francia, Uk, USA e Canada
Nel Regno Unito, questa pratica è diventata diffusa, con le banche che chiudono oltre 1.000 conti ogni giorno lavorativo. I dati della Financial Conduct Authority indicano un aumento significativo, passando da meno di 50.000 conti chiusi nel 2016 a quasi 350.000 nel 2022. Questa tendenza ha spinto il governo di Rishi Sunak a promulgare una legge per affrontare il fenomeno.

Le banche affermano ufficialmente di compiere tali azioni in nome della “lotta al riciclaggio”, delle “frodi bancarie” e del “finanziamento al terrorismo”. Tuttavia, spesso i conti vengono chiusi senza motivo apparente o per motivi politici come quelli già descritti. In Francia, ad esempio, il debanking è diventato particolarmente diffuso negli ultimi anni, soprattutto in relazione all’elezione di Emmanuel Macron. Una semplice lettera inviata dalle banche può portare alla chiusura dei conti correnti di profili ritenuti “sospetti” per ragioni politiche, come nel caso di attivisti patriottici e nazionalisti.

“Debanking”: i casi di Generation Identitaire, Nigel Farage, Philip Cato e Olga Milanese
Il processo di debanking coinvolge spesso la partecipazione dei media, con le segnalazioni che si verificano in concomitanza con l’apparizione di associazioni o individui sui mezzi di comunicazione. Questo è evidente nel caso di organizzazioni come Génération Identitaire, L’Alvarium, Academia Christiana e l’associazione La Citadelle. Le banche prendono decisioni drastiche basandosi sulla reputazione mediatica e, se i media trasmettono messaggi negativi, vengono attivate procedure interne per bloccare i conti.

Un caso emblematico è quello di GI: dissolta dal ministro degli interni Gérard Darmanin nel 2021, GI si è vista negare la gestione dei fondi associativi, dalla piattaforma Stripe, da PayPal e da Banque Populaire, che ha rifiutato i regolari
versamenti dei donatori. La procedura è spietata: i soggetti non allineati politicamente passano attraverso le forche caudine dei servizi di «compliance», i cui funzionari monitorano la reputazione sui media. Se i media trasmettono messaggi negativi, i
team di conformità creano una regola interna e etichettano l’organizzazione in rosso. Senza neanche che lo Stato si esponga, l’ampio consenso mediatico «antifascista» è sufficiente a incitare gli istituti di credito alla massima prudenza: da quel momento, è finita.

Anche Nigel Farage, noto conduttore televisivo ed ex europarlamentare del partito della Brexit (Ukip), ha vissuto un simile episodio. Alla fine di giugno 2023, la banca Coutts, appartenente al gruppo bancario NatWest, ha bloccato il suo conto corrente, sostenendo che il politico non fosse “compatibile” con Coutts a causa delle sue opinioni, ritenute “in contrasto con la nostra organizzazione inclusiva”. Farage è riuscito a ottenere un documento interno in cui veniva definito “truffatore”, e la sua amicizia con Donald Trump e con il tennista “no-vax” Novak Djokovic veniva citata come una colpa. Dopo aver reso pubblico il suo caso, Farage ha ottenuto le dimissioni dell’amministratore delegato del gruppo NatWest, Alison Rose, e del CEO di Coutts, Peter Flavel.

Philip Cato, connazionale di Farage e falegname di 92 anni, ha affrontato maggiori difficoltà nel portare alla luce la sua situazione. Da quasi cinquant’anni riceveva la sua pensione in Giamaica, dove si era trasferito nei primi anni Novanta per prendersi cura dell’anziana madre. Nel ottobre 2022, NatWest lo ha avvertito che il suo conto sarebbe stato chiuso.

L’avvocato Olga Milanese, presidente dell’associazione Umanità & Ragione (U&R) impegnata dal 2021 nella battaglia civile contro il green pass e l’obbligo di vaccinazione anti Covid, non ha avuto fortuna simile. Il conto di Umanità & Ragione è stato attivo per un solo mese prima di essere bloccato. Milanese ha cercato di contestare la decisione con lettere e diffide, sostenendo che “tali disposizioni non sono mai state autorizzate dalla titolare del conto e sono, pertanto, arbitrarie ed inaccettabili”. Tuttavia, la banca ha comunicato che avrebbe restituito i soldi a coloro che avevano effettuato le donazioni, considerandoli di sua proprietà anziché dell’associazione, con la scusa che il suo impegno civile “non rappresenta il core business dell’azienda”.

“Debanking” non solo in Europa: casi anche in USA e Canada
Anche negli Stati Uniti, il debanking ha una dimensione politica evidente. PayPal ha sospeso l’account dell’associazione UsForThem, impegnata contro la didattica a distanza durante la pandemia, citando la disinformazione sul vaccino Covid come motivo. Inoltre, conti PayPal sono stati sequestrati a Toby Young, attivista della libertà di espressione e fondatore del sito di notizie Daily Sceptic, così come all’associazione Gays for Groomers, impegnata contro l’ideologia di genere.

In Canada, il governo di Justin Trudeau ha agito direttamente nei confronti dei cittadini del “Freedom Convoy”, congelando milioni di dollari su circa 200 conti correnti collegati ai manifestanti che protestavano contro il green pass.

La mancanza di trasparenza nei processi decisionali delle banche e la loro affermazione di operare per la sicurezza finanziaria complicano la valutazione legale del debanking. Sebbene le banche siano enti privati senza l’obbligo di servire tutti i clienti, la discriminazione basata su razza, religione o convinzioni politiche è controversa. Tuttavia, le persone colpite spesso trovano difficile dimostrare che la decisione di debanking sia effettivamente basata sulla discriminazione, poiché le banche raramente divulgheranno i dettagli del processo decisionale. I dati sul debanking sono trasparenti solo nel Regno Unito, mentre in altri Paesi i governi faticano a prendere atto della situazione e ad adottare misure adeguate.

Fonte: Maddalena Loy, LaVerità

Link all’articolo originale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *