Convegno Liberali Democratici Bologna 18/11/2023

LIBERAL FORUM

CONVEGNO LIBERALI DEMOCRATICI BOLOGNA 18/11/2023

RELAZIONE DI SISTEMA PAESE – ECONOMIA REALE & SOCIETA’ CIVILE

Buongiorno. Mi chiamo Massimo Gardelli e sono il Segretario Nazionale di Sistema Paese, Società Civile e Economia Reale, formazione di ispirazione liberale che, nell’osservare la crisi del sistema partitico nelle sue obsolete ideologie di destra e sinistra, si rifà alla innovativa visione del liberalesimo del XXI secolo il cui fulcro è l’identità, la libertà, la dignità.
Per sua stessa definizione l’identità evolve molto lentamente e ha bisogno dei suoi tempi tecnici come la gestazione di una nuova vita: non sono comprimibili.
Se provassimo a guardare con questi presupposti il tema di questo convegno potremmo ottenere interessanti contributi di dibattito nell’affrontare lo spinoso problema del tema del convegno.

Andiamo a scoprire, per grosse linee, l’identità del lavoro in Italia che significa conoscere il tessuto produttivo e dei servizi del nostro Paese.
In un articolo del Sole 24 Ore, della fine del 2019, prima della pandemia e che riprendeva le più recenti statistiche dell’ISTAT, si leggeva che le aziende attive con un fatturato inferiore ai € 50 Milioni, rappresentavano ben il 92% di tutte le imprese attive. Le stesse impiegavano l’82% della forza lavoro occupata. Oggi, dopo la pandemia lo scenario non è cambiato di molto se non il tasso di disagio e preoccupazione.
Sono numeri che descrivono la Identità del tessuto produttivo italiano.

Questa identità ci ha permesso di divenire la quarta potenza economica al mondo; posizione che abbiamo perduto non perché il modello fosse sbagliato ma perché non lo abbiamo manutenuto confondendo il tessuto produttivo con il malvagio che non paga le tasse! Volendo o no, questa è la nostra identità e NON POSSIAMO NE’ DOBBIAMO CAMBIARLA perché è il nostro punto di forza.

Ora, se l’ipotesi è che l’identità evolve lentamente ed ha i suoi tempi tecnici, allora dovremmo concludere che gli interventi sociopolitici debbono armonizzare quello che noi siamo NON con quello che ci dicono che dovremmo essere, ma con la evoluzione naturale e prospettica del modello.
Valorizzando le nostre identità, saremo vincenti perché siamo la culla della civiltà, indiscutibilmente.

Cosa deduciamo da queste premesse? …….
Cosa dovremmo operare dal punto di vista socio economico nel campo del lavoro e del tessuto produttivo?
I numeri citati fanno delle PMI un tratto saliente dell’economia italiana e riflettono tradizioni e imprenditorialità diffuse nei territori.
Secondo le ultime stime di Prometeia, nel 2017 si contavano circa 5,3 milioni di PMI che davano occupazione a oltre 15 milioni di persone e generavano un fatturato complessivo di 2.000 miliardi di euro.

Le loro attività si concentrano nei settori dei servizi, dell’edilizia e dell’agricoltura (72% dei dipendenti delle PMI in Italia). Inoltre, vale la pena di notare come le PMI abbiano un ruolo fondamentale nell’economia di alcuni territori.

Per le regioni meridionali ad esempio le PMI rappresentano l’83% della produzione, rispetto a un contributo medio nazionale del 57%. Anche il peso in termini di occupazione supera ampiamente quello medio italiano arrivando al 95%. L’impatto economico delle PMI non può peraltro essere valutato considerando semplicemente il loro coinvolgimento diretto, ma va letto in chiave di filiera.

Anche le PMI italiane fanno ormai parte di catene dal valore complesso e globale, contribuendo alla formazione dei loro vantaggi competitivi attraverso soluzioni flessibili e diversificate. Infine, non va dimenticato che il contributo delle PMI si estende oltre l’aspetto economico e occupa un posto di rilievo nella vita culturale e sociale italiana.

Questi numeri, ora diminuiti grazie alle chiusure di centinaia di migliaia di P.IVA negli ultimi tre anni causa la gestione pandemica, danno la fotografia dell’Italia, ovvero il suo tessuto sociale economico, ovvero la sua IDENTITÀ’.

Ora capite bene che cambiare una struttura industriale del genere, frammentata e addirittura in alcune regioni quasi unica fonte di sostentamento (vedi la Calabria) dove, a OGGI, le infrastrutture necessarie per la grande industria sono quasi inesistenti, significa iniziare un percorso che coinvolge generazioni, quindi impossibile almeno per un mezzo secolo.

Inoltre la polarizzazione di grandi centri industriali l’abbiamo già conosciuta e ha creato altrettanto poli finanziari talmente potenti da ricattare il governo, oltre a creare problemi sociali di ghettizzazione e svuotamento di forza lavoro nelle terre di origine.

Negli anni ’90 eravamo la quarta potenza economica mondiale, grazie proprio a questo format industriale che, a differenza delle grandi imprese, è molto più duttile e eclettico e non necessita della burocrazia a cui sono obbligate le grandi aziende.

Ora siamo retrocessi all’ottavo posto nel ranking economico mondiale e il debito pubblico Italiano, che nel 1990 era di 670 Milioni di € pari al 98% del PIL, oggi è 2884 Miliardi pari al 145% del PIL. Colpa del nostro sistema economico/produttivo insufficiente a mantenere la spesa?

Allora non sarebbe vero che il nostro avanzo primario (ovvero la differenza tra entrate e uscite della contabilità nazionale) è tra i più alti del Mondo ovvero all’ 11esimo posto con un avanzo primario medio del + 1.75%, davanti alla Germania, Francia e Regno Unito che hanno il segno meno.

La politica italiana fino ad oggi ha cercato di contrastare il debito pubblico aumentando le tasse (le più alte in Europa) e aumentando la spesa pubblica anziché ridurla, riducendo però i servizi, spesso fondamentali, oltre che dal punto di vista sociale, per l’economia. Oggi i dipendenti pubblici sono 3.200.000, nonostante le promesse dei vari governi, aumentati del 0.8% nell’ultimo decennio, grande serbatoio di scambio voti pagato dai contribuenti, che invece di agevolare il lavoro, lo strozzano con una burocrazia spesso demenziale ma soprattutto inefficiente.

Faccio notare che i lavoratori Italiani sono in TOTALE 23 Milioni i quali mantengono i 36 restanti di cui oltre 12.5 Milioni inattivi (ovvero che potrebbero lavorare ma non lo fanno) e 2 Milioni e 450.000 di disoccupati.
Noi riteniamo quindi che la politica italiana deve prendere atto di questa realtà identitaria evitando di emulare i sistemi economici di altri Paesi che hanno caratteristiche culturali, caratteriali, geografiche completamente diversi, mentre deve migliorare le infrastrutture e snellire la burocrazia per aiutare le PMI, linfa vitale del Paese, che ci hanno portato ai vertici mondiali non solo in termini economici, ma anche tecnologici e culturali.

Purtroppo la politica italiana, fino ad ora, ha permesso, se non agevolato, la delocalizzazione delle poche grandi aziende, spesso super finanziate in decenni dallo Stato o persino a partecipazione statale, addirittura in paradisi fiscali; in compenso si elargiscono bonus a multinazionali straniere che violano le leggi del libero mercato e concorrenza. I governi passati, chi più e chi meno, non hanno saputo leggere la nostra potenzialità, massacrandola con fiscalità inaudita e burocrazia ostativa (nautica docet).

Altra sfida fondamentale è riportare nel mondo del lavoro almeno il 50% di quegli inattivi. Come? Non certo “creando del Lavoro”; con questa frase i vari governi hanno solo fatto lievitare il sistema pubblico che oltre a gonfiare la spesa ne ha diminuito l’efficienza.

La soluzione invece è CREARE i presupposti di sviluppo agevolando, appunto, la creatività e la genialità fisiologica del nostro popolo derivata da una IDENTITÀ’ multi etnica, soprattutto in termini culturali, che ci caratterizza da sempre.

La politica italiana deve avere il coraggio di attuare una spending review con tagli ai costi inutili e affaristici. Ridurre e semplificare le norme: ne abbiamo oltre 75.000 a fronte delle 7000 della Francia e delle 5.500 della Germania, (Avvenire 18 marzo 2017) e certamente ammodernare il nostro sistema formativo, renderlo più competitivo per affrontare le sfide tecnologiche in un mondo sempre più globalizzato.

Per fare ciò, anche in questo caso, bisogna cambiare il punto di vista, ovvero collegare il nostro sistema formativo al mondo del lavoro attualmente invece troppo scollato dalle esigenze reali della nostra società produttiva; in questo processo, oltre al costante monitoraggio e aggiornamento della didattica, imperativa è la riprofessionalizzazione del corpo docente, sia dal punto di vista formativo/tecnico/didattico, sia dal punto di vista psico pedagogico.

Spero che queste analisi, basati su dati statistici e storici e non su opinioni, facciano riflettere sulla natura del nostro Paese i cui marchi Made in “Italia” sono ancora tra i più ambiti nel Mondo e rispecchiano ancora una cultura pseudo artigianale anche se tecnologica; Ferrari, Lamborghini, Maserati, Armani, la nautica dei super yacht e tutta la filiera alimentare italiana dimostrano quanto sto affermando. Vi ringrazio per la vostra attenzione e vi lascio con l’auspicio di una nascita di una forza liberale e innovatrice coesa che sappia interpretare la realtà del nostro Paese accompagnandolo a interpretare al meglio le sfide di un Mondo sempre più globale.

Grazie.
SISTEMA PAESE – Economia Reale & Società Civile
Bologna 18.11.2023

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