STUDIO LEGALE ASSOCIATO
AVVOCATI ASCANIO E MICHELE AMENDUNI
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ECC.MA CORTE COSTITUZIONALE
ROMA GIUDIZIO IN VIA PRINCIPALE N. 20 IN G.U. 26.6.2024 – SEZIONE SPECIALE OPINIONE SCRITTA DI ASSOCIAZIONE REGOLARMENTE COSTITUITA SENZA SCOPO DI LUCRO, AI SENSI DELL’ART. 4-TER DELLE NORME INTEGRATIVE PER I GIUDIZI INNANZI ALLA CORTE COSTITUZIONALE, GIUSTA DELIBERA DELLA CORTE IN SEDE NON GIURISDIZIONALE DELL’8.1.2020 (GAZZETTA UFFICIALE N. 17 DEL 22.1.2020) IN ORDINE AL RICORSO PRINCIPALE PER LA DECLARATORIA DI ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DELLA LEGGE DELLA REGIONE PUGLIA N.14 DEL 28/03/2024 (“DISPOSIZIONI PER LA GESTIONE UNITARIA ED EFFICIENTE DELLE FUNZIONI AFFERENTI AL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO”) DEL 30/05/2024, DEPOSITATO IL 4/06/2024, N.20, PUBBLICATO SULLA GAZZETTA UFFICIALE, la SERIE SPECIALE DEL 26/06/2024, PROPOSTO DALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI CONTRO LA REGIONE PUGLIA.
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A favore di ASSO-CONSUM Associazione per la difesa dei consumatori degli utenti e dei cittadini, sede regionale per la Puglia, corrente in Bari alla Via G.M. Giovene n.15, C.F. e P.IVA 93449460729, in persona del Suo Presidente (all. 2 e 3) e legale rappresentante prò tempore Francesco Decanio, nato a Triggiano (BA) il 20.6.1955, residente in Triggiano (BA), alla Via Edmondo De Amicis n. 39, C.F. personale: DCNFNC55H20L425Z, nominato segretario regionale per la Puglia con atto del 6.7.2014, rappresentata e difesa dall’Avv. Ascanio Amenduni del Foro di Bari, con Studio ivi alla Via Sparano n. 35, pec: studioamenduni@pec.giuffre.it, patrocinante in Cassazione, e ai fini di questo atto all’occorrenza domiciliato in Roma alla Via Sacchetti n. 125, presso lo Studio dell’Avv. Giuseppina Stillitani, come da procura in calce al presente atto,
NEI CONFRONTI DI
Regione Puglia, in persona del Suo Presidente legale rappresentante prò tempore, e Presidenza del Consiglio dei Ministri
PREMESSO CHE
– Asso-Consum è un’associazione che promuove e favorisce la tutela dei diritti dei consumatori, degli utenti e dei cittadini in ogni campo, settore e attività pubblica e privata. Essa è riconosciuta dal Ministero dello Sviluppo Economico. Gli operatori di Asso-Consum, professionisti esperti in maniera Legale, Fiscale e Socio-Sanitaria, danno tutela ai diritti dei consumatori, secondo quanto disciplinato dal Codice del Consumatore (D.Lgs. 206/2005 e smi), prestando la propria opera, per impedire che eventuali azioni da parte di enti e/o società, sia pubbliche che private, animate da logiche e politiche del ‘”profìtto'”, possano violare i diritti ed arrecare danno ai cittadini.
– L’associazione in oggetto costituitasi in data 11.2.2014 (all.l), a opera di vari fondatori, conta oggi circa 5.000 iscritti in tutta la Puglia e si è distinta in numerose iniziative intraprese a favore dei consumatori, come da allegati sub 4.
– Tra gli scopi statutari del Comitato figura il seguente “Z, ‘Associazione è costituita per il conseguimento senza scopo di lucro di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via principale, di attività di interesse generale per i cittadini nella loro qualità di utenti consumatori e risparmiatori con particolare riguardo a quelli svantaggiati sul piano economico e sociale… (art. 1). Al fine di perseguire gli scopi associativi l’Asso-Consum Puglia opera in particolare per: – promuovere una cultura associativa tra consumatori ed utenti che li ponga come interlocutori organizzati delle Istituzioni, delle altre forze sociali e dei produttori ed erogatori di beni e servizi…; – rappresentare l’interesse dei consumatori e degli utenti nei competenti organismi a livello territoriale, regionale, nazionale, comunitario e internazionale …(art. 3) ”.
Queste previsioni, come da statuto che si allega (doc.l), integrano l’interesse e la legittimazione all’invio della
presente OPINIONE SCRITTA SUL RICORSO PRNCIPALE IN EPIGRAFE
Con ricorso in via principale del 30.5.2024 n.20, depositato il 4.6.2024, l’Avvocatura Generale dello Stato, per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha promosso e richiesto, nei confronti della Regione Puglia la declaratoria della illegittimità costituzionale della Legge Regionale n.14 del 28.3.2024, contenente DISPOSIZIONI PER LA GESTIONE UNITARIA ED EFFICIENTE DELLE FUNZIONI AFFERENTI AL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO, denunciando, anzitutto, la violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. e), i), ed s) Cost.: “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall ‘ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: “…e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie; … i) cittadinanza, stato civile e anagrafi… s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali…”.
I punti più salienti del ricorso della difesa erariale sono i seguenti:
“Con la legge in esame, il legislatore regionale incide nuovamente, seppure con diverse modalità, sulle norme statali che disciplinano l’affidamento del SII nella regione fino al 31 dicembre 2025. Infatti, l’art. 4 della l. r. impugnata si pone in contrasto con il citato art. 2 comma 2 del Dlgs 141/1999, la cui disciplina è espressione della potestà legislativa statale in materia di ordinamento civile, tutela della concorrenza e tutela dell ‘ambiente. In tal modo la Regione Puglia reitera un comportamento violativo delle competenze legislative fissate dall’art. 117, commi 1 e 2, lett. e), l) ed s) Cost. Infatti, come costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, la disciplina concernente l’affidamento del servizio idrico integrato attiene alle materie della tutela concorrenza e della tutela dell’ambiente riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, comma, e) ed s) Cost.) In questo contesto, la legge regionale deve limitarsi a individuare l’ente o il soggetto preposto a deliberare la forma di gestione del servizio idrico integrato e ad aggiudicare la gestione di detto servizio, ma non può direttamente provvedere all’esercizio di tali funzioni, neanche precostituendone le condizioni, come, invece, ha fatto il legislatore pugliese con la legge regionale in esame. Le sopra citate disposizioni della l.r. n. 27/2024 sono costituzionalmente illegittime per violazione dell’art. 117, primo comma e secondo comma , lettere e), l) , ed s) della Costituzione, con riferimento al rispetto del diritto europeo e alla competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza, dell’ordinamento civile e della tutela dell ‘ambiente, in quanto recano una disciplina incompatibile con i requisiti necessari per la configurabilità dell’in house providing come definito dal Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica, nonché con le disposizioni statali che disciplinano la gestione del servizio idrico integrato in Puglia, e, infine, con la disciplina contenuta nell’art. 149 — bis del D.lgs. n. 152 del 2006 recante l’individuazione dei presupposti necessari per l’affidamento diretto dei servizi idrici integrati. Come si è sopra illustrato, la legge statale ha costituito la società Acquedotto pugliese s.p.a., attribuendone interamente le azioni alle Regioni interessate, ed affidando a detta società i servizi in materia di SII, per la durata – almeno con riguardo ai “compiti precedentemente svolti dall’Ente Autonomo Acquedotto Pugliese”, fino al 31.12.2025…”.
UL’applicazione delle censurate disposizioni ha come effetto finale quello di realizzare, nel periodo di vigenza del D. Igs. 141/1999, una sostanziale modifica del soggetto in house cui la legge statale ha affidato la gestione del servizio idrico integrato: non più una società totalmente partecipata dalla Regione nel cui ambito il servizio è svolto, bensì una società controllata, per il tramite di altra società, cd. veicolo, dai Comuni…”
“Nel caso di specie, tali valutazioni sono state effettuate dal legislatore statale che, almeno fino al 31.12.2025, ha disposto l’affidamento del SII in Puglia ad un ente in house costituito dalla legge statale e le cui azioni sono state attribuite dalla medesima legge statale ai soli enti regionali interessati…”
Questo, aggiungiamo noi, vuol dire che lo Stato, attribuendo quelle azioni alle Regioni, non ha conferito alle stesse il potere di disporne, ma solo di gestirle temporaneamente, tant’è che ha previsto un termine finale, normalmente estraneo al diritto di proprietà.
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Le argomentazioni e le conclusioni della difesa erariale sono ampiamente condivisibili.
La Regione Puglia non è nuova ad “invasioni di campo”, ovvero ad usurpazioni di competenze statali in materia di ambiente. Anzi è recidiva!
Vedasi la legge regionale n.30 del 2020, istitutiva del parco Naturale Regionale di Costa Ripagnola e del Mar Piccolo, dichiarata incostituzionale, su ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con sentenza della Consulta n. 251/2021, nella parte in cui conteneva deroghe permissive, sul piano edilizio, rispetto alle normali regole direttive emanate e valide sul piano nazionale. La reiterazione della legislazione “usurpativa” contribuirebbe a qualificare la stessa, addirittura come “legislazione temeraria”, tanto più che nella fattispecie essa investe un bene pubblico essenziale come l’acqua, insuscettibile di regolamentazioni differenziali, regione per regione.
Nel 2010, su iniziativa di alcuni Paesi latino-americani, l’Assemblea generale dell’Onu e successivamente il Consiglio dei diritti umani, hanno approvato due importanti Risoluzioni che sanciscono il diritto all’acqua e ai servizi igienico-sanitari come un diritto umano, universale, autonomo e specifico, costituente l’estensione del diritto alla vita.
Questo riconoscimento giuridico a livello di diritto internazionale, è il corollario di dieci anni di mobilitazione da parte dei Movimenti dell’acqua e del Contratto mondiale sull’acqua, il cui scopo era rintuzzare i processi di privatizzazione e mercificazione della gestione dell’acqua, avversando la tesi che il diritto all’acqua sia implicito in altri diritti riconosciuti dalla Dichiarazione dei diritti umani e da altre Convenzioni (diritto alla salute, alla alimentazione, etc.).
La Risoluzione della Assemblea delle Nazioni Unite 64/92 del 28 luglio 2010 ha, invero, attestato che il “diritto all ‘acqua potabile ed ai servizi igienico sanitari è un diritto dell ‘uomo essenziale alla qualità della vita ed all’esercizio di tutti i diritti dell’uomo”.
La Risoluzione 15/9 del Consiglio dei diritti umani (30 settembre 2010) ha precisato che “il diritto umano all ‘acqua ed ai servizi igienico-sanitari deriva dal diritto ad un livello di vita adeguato ed è indissolubilmente legato al diritto a migliorare lo stato di salute fisica e mentale così come al diritto alla vita ed alla dignità”.
Nel maggio 2013 è entrato in vigore il Primo protocollo opzionale al “Patto Internazionale relativo ai diritti economico sociali e culturali” (Pidesc). Con esso la giustiziabilità teorica e pratica dei diritti economici sociali e culturali è stata estesa al diritto umano all’acqua. Il combinato disposto di queste risoluzioni ha generato la “positivizzazione del diritto umano all’acqua”.
La successiva risoluzione dell’Assemblea Generale ONU del 19 settembre 2013 ha scolpito i modi attraverso i quali si attua, attraverso gli Stati, la garanzia del “diritto umano all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari”, e cioè: accesso progressivo, monitoraggio, applicazione, non discriminazione, consultazione delle comunità, accessibilità ai servizi anche se gestiti da terzi e non dallo Stato.
Sono 600 milioni i bambini che nel 2040 vivranno in zone con scarsità d’acqua e si troveranno ad affrontare alti rischi di morte, malattie e malnutrizione (Rapporto Unicef 2017 “Thirsting for a Future”). Saranno circa 20 milioni i cittadini che nel 2030 non avranno accesso all’acqua potabile nelle varie città del mondo, perché in condizioni di povertà e quindi non saranno in grado di pagare il costo dell’acqua, neppure quello “equo”.
Il secondo Rapporto 2013 dello Special Rapporteur sul diritto umano all’acqua, ha illustrato che la crisi economica fa aumentare il numero di coloro che non sono in grado di pagare la bolletta dell’acqua, mentre si registra un incremento dei flussi di rifugiati climatici in virtù dei relativi cambiamenti.
Se aumenta, come sta aumentando, il bacino delle disuguaglianze sociali, è destinato a salire il numero di coloro che non avranno accesso all’acqua. Si stima che saranno circa 5 milioni in Italia i soggetti a rischio povertà assoluta, cioè privati della sicurezza dell’accesso all’acqua potabile, solo perché non in grado di pagare il prezzo equo fissato dall’Agenda, quale modalità di accesso al diritto all’acqua.
Il servizio idrico in Italia opera in regime di monopolio, sia tecnico, per la unicità della condotta di adduzione, sia naturale, per la insostituibilità dell’acqua nel suo consumo, sia legale come ovvia conseguenza della sua essenzialità. L’importanza del bene acqua comporta che dalla sua economicità, disponibilità, copiosità, dipende lo sviluppo economico, e quindi, sociale delle collettività. In passato (ma tuttora accade…) la detenzione di questa risorsa da parte di una minoranza ha permesso a quest’ultima di asservire intere comunità con il ricatto psicologico ed economico che ha condannato quelle comunità alla subalternità.
Tutto ciò può spiegarsi e sintetizzarsi in una formula, come da parere espresso dal consulente economico-finanziario di Asso Consum Puglia, Dott. Canio Trione: esiste, ineluttabile, una differenza di potere contrattuale tra adduttore / fornitore di acqua e consumatore; detta differenza produce, automaticamente, la necessità della tutela pubblicistica del consumatore, cioè la massima tutela possibile.
Peraltro, la produzione di questo bene non è dipesa dal lavoro umano come accade per il cibo, il vestiario, l’abitazione, la mobilità,.. .ma solo dalla sua conservazione in invasi naturali o artificiali e dal suo trasporto verso i luoghi di consumo; per tutte queste ragioni, che affondano la loro origine fin negli albori della civiltà, la disponibilità di acqua e la sua economicità sono divenuti parte del diritto naturale come la proprietà privata, il diritto alla procreazione, il diritto al lavoro, o alla privacy etc.etc…
Pertanto, si tratta d’un diritto preesistente ed indipendente rispetto al diritto positivo, con la conseguenza che risulta indisponibile, quindi sganciato dalla logica del profitto.
Il referendum che in Italia è stato celebrato il 12 e 13 giugno 2011 aveva come quesito proprio se sull’acqua si poteva trarre profitto. La risposta fu NO, o, meglio, SI all’abrogazione della norma che prevedeva wa'” adeguata remunerazione del capitale investito” nella regolamentazione dell’acqua pubblica.
La risposta referendaria ha sancito la condizione di assoluta specialità del bene acqua in modo chiarissimo, anche se pleonastico; ovvio corollario di tutto questo, è che lucrare sull’acqua, e cioè venderla per ragioni economiche, cozza con la condizione di ”’bene comune” dell’acqua e significa profittare della condizione di monopolio e di essenzialità di cui sopra, cioè della differenza di potere contrattuale tra contraente forte (fornitore) e contraente debole (il consumatore). Dunque, l’acqua non è, e non può essere, oggetto di attività economica, né quest’ultima può essere decisa o diversamente regolamentata, da una singola Regione (tantomeno da Governatori regionali che, per inciso, avversano, contraddittoriamente, l’autonomia differenziata), anziché dallo Stato.
Ovviamente, tale condizione comporta che anche il servizio di adduzione e distribuzione non possa procurare un indebito arricchimento di chi lo svolge, perché sarebbe un modo indiretto di profittare delle menzionate condizioni di essenzialità, monopolio, e differente potere contrattuale.
La gestione di tale servizio anche se realizzata con la forma della società commerciale, o “società veicolo”, fatta di singoli Comuni, come nel caso della Legge regionale in contestazione, non può, quindi, produrre profitto (tanto meno se le azioni di questa società sono detenute dall’ente pubblico). Esso sarebbe frutto della differente forza contrattuale, e non può aver luogo, né direttamente, né indirettamente, e né economicamente, né, tanto meno, per il perseguimento di altre utilità come quelle politiche. Pertanto, anche la detenzione di azioni di società che gestiscono il servizio idrico, come vorrebbe la Legge regionale pugliese n. 14/2024, non può avvenire, né può legittimare una loro utilizzazione a titolo oneroso o gratuito, proprio perché quella gestione non può produrre vantaggi di qualunque tipo. Tutto ciò significa che la forma proprietaria delle azioni, anche in capo ad una Istituzione pubblica, non ha alcun senso, perché dette azioni non sono, e non possono essere, nella piena disponibilità del loro intestatario, riflettendo diritti umani, individuali e adespoti, allo stesso tempo, la cui disciplina, a titolo di prevenzione da possibili tentativi di commercializzazione, appartiene a titolo esclusivo allo Stato.
La forma sociale più aderente alla sostanza della gestione dell’acqua è, perciò, quella della public company, ove i proprietari delle azioni sono solo gli utenti in ragione del loro consumo storico, e, in aggiunta, in ragione della loro partecipazione alla formazione del capitale sociale. Utenti azionisti che, ovviamente, sceglieranno i membri della governance secondo i loro criteri ed interessi, esattamente il contrario di quanto profilato dalla legge regionale pugliese, giustamente accusata di incostituzionalità.
Così come l’acqua non può essere venduta, così non può essere acquistata neppure sotto forme diverse (compensazioni ambientali, utilità diverse,…) e le spese occorrenti alla adduzione e alla captazione dell’acqua vanno sempre sostenute “ù? house” o a prezzi pari ai costi occorrenti. Detto principio va applicato anche ad ogni sezione della catena dei costi interni alla società di gestione del servizio idrico, nonché alla fiscalità relativa. Diversamente, si creerebbe una forma di sfruttamento della differente forza contrattuale, a vantaggio di uno o più dei segmenti interessati alla fornitura dell’acqua, violando pure, come nel caso della legge regionale pugliese n. 14/2024, l’art. 3 della Costituzione, sotto il profilo del doveroso rispetto dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza delle leggi.
Quindi, la gestione dell’acqua deve tendere, non già, come nei soggetti commerciali “normali’’, alla massimizzazione del profitto, bensì alla minimizzazione dei costi in una perenne tensione a migliorare ed economizzare il servizio verso gli utenti consumatori. Tale minimizzazione dei costi dovrà produrre ovviamente una premialità per gli addetti che si sono distinti in questa opera. E possibile che un prezzo di vendita dell’acqua troppo basso, specie per le fasce di popolazione più facoltose, porti ad un suo uso sregolato; è dunque immaginabile una forma di aumento dei prezzi inteso alla razionalizzazione del consumo dell’acqua; di certo anche in questo caso il profitto realizzato MAI potrà uscire, per altre direzioni, dalla società gestore del servizio idrico, ma potrà solo essere redistribuito a favore delle tariffe praticate per le fasce meno abbienti e delle piccole aziende; oppure per la formazione di un fondo da gestire onde utilizzarne i proventi per scopi sociali.
I tentativi di aggirare queste regole, tra cui quello appalesato dalla legge regionale in contestazione, sono, e saranno, perennemente presenti. Quindi serve una verifica, continua e puntuale, “CENTRALIZZATA”, demandata allo Stato, perché afferente la materia ambientale, e sottoposta anch’essa alla valenza di diritto naturale, preesistente a quello positivo, dell’accesso all’acqua.
A partire dal metodo tariffario. “Prima della consultazione -come ricorda il Dipartimento Ambiente del Servizio Studi della Camera dei Deputati – la norma stabiliva che la tariffa fosse calcolata prevedendo la remunerazione per il capitale investito dal gestore’”. Si trattava del cosiddetto “metodo normalizzato”, disciplinato dal 1996, in base al quale sul capitale investito si applicava un “tasso di remunerazione” fissato al 7%, costituente puro profitto! Con il voto referendario è cambiato tutto. La “nuova” tariffa -ovvero il corrispettivo del servizio idrico integrato- si sarebbe dovuta determinare tenendo conto della “qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari” e “dell ‘entità dei costi”, in modo che venisse assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e del “chi inquina paga”. Nessuna “remunerazione”, dunque, ma solo la “copertura integrale dei costi” (ovvero il principio del “Full cosi recovery”).
La risposta referendaria suddetta IMPONE, senza se e senza ma, che il consumatore venga tutelato al massimo ipotizzabile, cioè che:
a) le azioni sono state attribuite, e non cedute, in piena proprietà alle Regioni che non ne possono disporre, né possono venderle a titolo oneroso, o, tanto meno, gratuito (sarebbe un regalare cose altrui in cambio occulto di quali utilità????);
b) la gestione non può tendere al profitto o ad altre utilità dirette o indirette ma all’efficientamento del servizio e sua economicizzazione;
c) il controllo che tutto ciò avvenga non può che essere affidato al massimo potere laico esistente e cioè allo Stato, come è previsto dall’ordinamento costituzionale e dalle relative distribuzioni di competenze;
d) anche nella ipotesi di affidamento, agli utenti, della proprietà delle azioni, la gestione della società dovrà essere ispirata ai detti principi e quindi non avere fini di lucro.
Tutto ciò significa e prova che, anche volendo credere alla piena proprietà delle azioni, oggi in carico alle regioni, e, domani, ad altri, le relative negoziazioni sarebbero svuotate di ogni utilità e senso economico proprio perché il diritto all’acqua è precedente al momento della nascita del diritto positivo.
Altro punto saliente e condivisibile del ricorso dell’Avvocatura erariale, figura a pagina 9: “Orbene, con specifico riguardo alla corretta interpretazione dell ‘art. 149bis sopra richiamato e, in particolare, alle previsioni di cui al secondo periodo del comma 1, il Legislatore comunitario ha stabilito che “le concessioni nel settore idrico sono spesso soggette a regimi specifici e complessi che richiedono una particolare considerazione data l’importanza dell ‘acqua quale bene
pubblico di valore fondamentale per tutti i cittadini dell ‘Unione. Le caratteristiche particolari di tali regimi giustificano le esclusioni del settore idrico dall ‘ambito di applicazione della presente direttiva… Per tale ragione, la suddetta direttiva comunitaria, pur avendo disciplinato per la prima volta raffiidamento delle concessioni dei servizi pubblici, ne ha escluso espressamente l’applicazione al settore idrico (art. 12 direttiva 2014/23/UE).”
QNQ l’Ecc.ma Consulta nutra dubbi sulla latitudine e sulla portata della cennata direttiva europea 2014/23/UE, vorrà, nella scia delle proprie pronunce 102 e 103 del 2008, sospendendo il giudizio, disporre rinvio pregiudiziale interpretativo di cui all’art. 234 TCE alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, formulando, sia pure con diversa e migliore modulazione, il seguente quesito: “se sia compatibile con la direttiva 2014/23/UE una legislazione interna come quella contenuta nella Legge della Regione Puglia n.14 del 28.3.2024 che include, sia pure indirettamente, il settore idrico nell’alveo della possibilità di affidamento ai privati della concessione del relativo servizio pubblico.’”
TANTO PREMESSO
La scrivente Associazione si associa al ricorso promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, e, domandandone l’accoglimento, con la conseguente declaratoria di incostituzionalità, chiede tenersi conto, ai fini del decidere, della sopra illustrata OPINIONE SCRITTA, previo occorrendo rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di Giustizia dell’UE.
Con osservanza,
Si allegano i seguenti documenti:
1) atto costitutivo, statuto dell’Asso Consum;
2) atto di nomina di Francesco Decanio quale Segretario Regionale;
3) verbale del 5.12.2023;
4) informazioni mediatiche sulle attività dell’Associazione, e copia di atti della medesima;
5) stralcio Gazzetta Ufficiale del 26.6.2024.
Bari, 15 luglio 2024
Firmato digitalmente da
ASCANIO AMENDUNI
SerialNumber =
TINIT-MNDSCN56D07A662N
C = IT
PROCURA SPECIALE
LA SOTTOSCRITTA ASSO-CONSUM, ASSOCIAZIONE PER LA DIFESA DEI CONSUMATORI, DEGLI UTENTI E DEI CITTADINI, SEDE REGIONALE PER LA PUGLIA, CORRENTE IN BARI ALLA VIA G.M. GIOVENE N.l5, C.F. E P.IVA 93449460729, IN PERSONA DEL SUO PRESIDENTE, SEGRETARIO REGIONALE E LEGALE RAPPRESENTANTE PRO TEMPORE FRANCESCO DECANIO, NATO A TRIGGIANO (BA) IL 20.6.1955, RESIDENTE IN TRIGGIANO (BA), ALLA VIA EDMONDO DE AMICIS N. 39, C.F. PERSONALE: DCNFNC55H20L425Z, CONFERISCE PROCURA SPECIALE ALL’AVV. ASCANIO AMENDUNI, NATO A BARI IL 7.4.1956, C.F.: MNDSCN56D07A662N, CON STUDIO IN BARI ALLA VIA SPARANO N. 35, AFFINCHÉ REDIGA, PREDISPONGA E INOLTRI LA SOVRAESTESA OPINIONE SCRITTA, A NOME E NELL’INTERESSE DELL’ASSOCIAZIONE, REGOLARMENTE COSTITUITA SENZA SCOPO DI LUCRO, AI SENSI DELL’ART. 4-TER DELLE NORME INTEGRATIVE PER I GIUDIZI INNANZI ALLA CORTE COSTITUZIONALE IN ORDINE AL RICORSO PRINCIPALE PER DECLARATORIA DI ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DEL 30.5.2024, PUBBLICATO SOTTO IL N. 20 DELLA GAZZETTA UFFICIALE DEL 26.6.2024, PROPOSTO DALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI CONTRO LA REGIONE PUGLIA, CON RIFERIMENTO ALLA LEGGE REGIONALE N. 14/2024 DEL 28.3.2024 CONTENENTE “DISPOSIZIONI PER LA GESTIONE UNITARIA ED EFFICIENTE DELLE FUNZIONI AFFERENTI AL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO”.
SI CONFERISCONO AL SUDDETTO PROCURATORE SPECIALE E DIFENSORE LE PIÙ AMPIE FACOLTÀ DI LEGGE, COMPRESE QUELLE DI INOLTRARE L’OPINIONE SCRITTA SOVRAESTESA, FORMULARE SUCCESSIVE ISTANZE E DIFESE, ACQUISIRE COPIA ATTI PROCEDIMENTALI E PARTECIPARE ALLE UDIENZE, SPIEGANDOVI OGNI EVENTUALE INTERVENTO, OVE CONSENTITO.
SI DICHIARA DI ELEGGERE DOMICILIO PRESSO LO STUDIO DELL’AVV. ASCANIO AMENDUNI SITO IN BARI, ALLA VIA SPARANO N. 35, PEC: STUDIOAMENDUNI@PEC.GIUFFRE.IT.
SI AUTORIZZA, ALTRESÌ, IL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI AI FINI DELL’ESPLETAMENTO DEL PRESENTE MANDATO.
Bari, 15 luglio 2024
Presidente dell’Assp-Gons uni Sede Regionale per. la Puglia DrpFraricesépl Decanio , I
Firmato digitalmente da ASCANIO AMENDUNI
SerialNumber = TINIT-MNDSCN56D07A662N
C = IT