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Ma dove vanno il Movimento 5S e il Pd?

14 Novembre 2021 Massimo Gardelli No Comments SENZA CATEGORIA

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Facebook La caduta del Governo CoAntonio Voxnte II ha scombussolato la maggioranza che lo sosteneva. I contraccolpi sono stati destabilizzanti per le tre formazioni politiche: M5S, PD, Leu.

È noto il travaglio di Leu e Sinistra italiana che annoverano all’interno visioni contrapposte; lo sbandamento del M5S che porterà, presumibilmente, ad una sua definitiva rottura; il palpabile disagio del PD dove, qua e là, emergono critiche alla conduzione politica del Segretario Zingaretti che appare sempre più indebolito.

Come mai questo terremoto?
Non è insolito riscontrare, nell’opinione pubblica, il dubbio, forse erroneo ma plausibile, che questo terremoto sia figlio di una politica che ha costruito la propria esistenza sulla profonda dicotomia, coltivata e perpetrata al di là del consentito civile, fra le due fazioni contrapposte della Sinistra e della Destra.
Tale dicotomia, infatti, non lascia nessuna via di fuga ai partiti del Conte II.
Tale dicotomia è il vero male del nostro Paese.
Essa, infatti, si appalesa, più che sui contenuti e sulle progettualità per il Paese, sulla totale incomunicabilità e indisponibilità al dialogo fra i leader contrapposti.
Una politica fondata sui personalismi non può che condurre a nessun reale beneficio per il Paese; anzi, ne impedisce, ab origine, ogni significativo sviluppo ed è la causa di tutti i mali.
La nostra opinione è: chi la esercita non dovrebbe avere diritto di cittadinanza nella competizione politica.
L’Italia, divisa a metà, appare incatenata e schiava di questo solco, sempre più marcato e apparentemente insanabile, nel quale si evidenziano estemporanei atteggiamenti moderati di Berlusconi e inattesa furbizia tattico/strategica di Salvini.
Ma questo non basta a portare un po’ di necessaria serenità nell’agone politico.
Gli effetti si sono visti subito.

Da un lato, il varo di quello che appare un “commissariamento” del governo del Paese, il Governo Draghi che, tirando un colpo al cerchio ed uno alla botte, vedremo cosa farà, o riuscirà a fare, con la sua compagine tecnico/politica o politico/tecnica, poco importa.

Dall’altro, la reazione istintiva del “grido di pancia”, dello “stringiamoci a corte”, dello “stiamo vicini vicini”, con la nascita del gruppo interparlamentare al Senato (5S/PD/Leu) che Giuseppe Conte, d’improvviso non più al vertice, ha benedetto: “Una iniziativa giusta e opportuna “.
Una nota congiunta dei tre partiti dichiara: “Abbiamo deciso di formare questo gruppo che, a partire dall’esperienza positiva del governo Conte II, promuova iniziative comuni sulle grandi sfide del Paese, dalla emergenza sanitaria, economica e sociale fino alla transizione ecologica ed alla innovazione digitale […]. Per questo da domani, saremo insieme per rilanciare e ricostruire il nostro Paese “.
Cioè, quello che avrebbero dovuto fare stando al governo.

Dall’altro ancora, sul fronte del CDx, l’atmosfera da sereno/variabile domina.
Non appare che i diversi percorsi intrapresi da FI, Lega, FdI, pur nell’assestamento e riposizionamento seguito allo scossone, siano del tutto divisivi. Il panorama assumerà toni e colori più veri nel proseguo delle attività di governo.
Intanto il Movimento 5S va verso la rottura.
La caduta del Governo Conte II ha fatto emergere prepotentemente le due anime: la prima – quella che definiremo semplicemente “di sistema”, impersonata da Di Maio e, molto stranamente, dai fondatori Grillo e Casaleggio (non erano quelli gli inventori del Vaffaday?) cui, molto pragmaticamente, con una giravolta degna di una ballerina, non passa nemmeno per l’anticamera del cervello il pensiero di perdere il treno Draghi, si è adattata; la seconda – quella “antisistema”, che appare essere l’autentica, impersonata da Alessandro Di Battista, strenuamente abbracciata alle origini – mugugna da sempre.

È una questione di identità quella che investe il Movimento.
Il percorso che l’anima di “sistema”, quella apocrifa e ovviamente di maggioranza, si accinge a percorrere ha l’indicazione “Tutti Espulsi”, senza procedure disciplinari e senza appello. In questa indicazione, anche le “assenze strategiche” rischiano grosso.

Ma è il PD il partito che ha subito uno tremendo scossone perché, non giovane come il 5S, dovrebbe poter contare su di una forte tradizione storica.
Negli ultimi decenni, il PD ha subito una trasformazione, per molto versi, incomprensibile perché non è riuscito a definire un suo disegno intellegibile per il Paese. La sua politica ha perso la personalità storica.
Si è affidato a terzi celandosi dietro di essi, poco costruttivo e critico, quasi indifferente; come fosse al traino: Giuseppe Conte, l’Europa, il M5S.
Le speranze, per interrompere la serie negativa del consenso elettorale, erano collocate nelle alleanze territoriali e nazionali con il M5S, che il PD vorrebbe fortemente “assorbire”.
L’avvento del Governo Draghi potrebbe mettere in forse questa prospettiva. Come appare in forse la Segreteria Zingaretti.
Infatti, perduto il paravento Conte e con il M5S in crisi d’identità, anche l’Europa è scomparsa dall’orizzonte del PD visto che ora è il nuovo Presidente del Consiglio il garante dell’europeismo e dell’atlantismo.
Ma, ancora di più, la discesa in campo di Draghi ha certificato la incapacità del Partito che fu di Togliatti di disegnare un futuro per il Paese.
Non c’è forse, anche qui, una crisi identitaria?

Ne vedremo delle belle, nei prossimi tempi.
Speriamo che, nel frattempo, l’Italia tenga.

Antonio Vox -Presidente Sistema Paese – Economia Reale & Società Civile

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