Lettera aperta alla Ministra Mara Carfagna

Carfagna è, dal 13 febbraio 2021, ministra per il “Sud e per la Coesione Territoriale”.   È donna del Sud, di Salerno; infatti, il suo nome all’anagrafe è Maria Rosaria, bellissimo e meridionale. Dinamica, già sentiamo parlare delle sue iniziative. Noi abbiamo qualcosa da dirle; ma, prima, una semplice premessa, il cui contenuto dovrebbe essere noto a tutti ma è opportuno qui ricordarlo.

Il Bel Paese si divide, come tutti i paesi, in tre grandi settori: il settore pubblico, il settore privato e quello “di mezzo” (dove si allocano tutti quei soggetti giuridici d’interesse pubblico che “non possono fallire” o che è opportuno sostenere; ad esempio, le banche, le grandi imprese, il para pubblico, l’editoria, una certa cultura, iniziative ONG, …).

Il settore pubblico è sul ruolino paga dello Stato; il settore “di mezzo” dovrebbe fare da sé ma, in uno scenario di sperpero e incompetenze, fruisce di supporti statali; il settore privato fa da sé tanto che lo definiamo “economia reale”.

Pertanto, la crescita e lo sviluppo del Paese si deve all’economia reale: quando questa arranca, non c’è reddito, non c’è gettito, la fiscalità implode, il settore pubblico stringe la cinghia, il settore “di mezzo” tracolla, il Paese si avvita in un gorgo senza fine, dimenticando Etica e Morale.

In compenso crescono rancori, violenze, mafie, ingiustizie, povertà: la società civile degenera.

In conclusione, lo Stato quando paga il settore pubblico, ad esempio quando paga uno stipendio al proprio dipendente (che pensa di essere fortunato ma indica il settore privato come colpevole di tutti i guai, sostenuto dall’ipocrita slogan “pagare tutti, pagare meno”) preleva l’importo dal gettito fiscale; altresì lo Stato, quando sostiene i soggetti giuridici del settore “di mezzo” preleva l’importo dal gettito fiscale.

Il gettito fiscale, figlio del reddito, è quella cosa con cui tutto il Paese vive; esso è prodotto dalla economia reale che combacia con il settore privato e con quella parte del settore di “mezzo” che è autonoma e competitiva.

Se la premessa è vera, ed è vera, cosa deve fare la politica?

La risposta è talmente ovvia che non si capisce come i politici e certa parte del Paese che va sotto il nome di “gruppo d’assalto alla diligenza” non sappiano rispondere.

Noi siamo, però, talmente “scafati” da sostenere che non vogliono rispondere perché si scoprirebbero gli altarini che metterebbero a nudo mire individuali sotto forma di ipocriti e falsi obiettivi da propinare al popolo inerme e fiducioso.

Allora rispondiamo noi:

  • le politiche di crescita e sviluppo, perché siano tali, debbono essere orientate a rivitalizzare l’economia reale, oggi distrutta da una pandemia gestita colpevolmente e vergognosamente;  
  • il Recovery Fund, figlio del Next Generation EU, deve sostenere le politiche di crescita e sviluppo orientare alla economia reale; 
  • le faraoniche emissioni di moneta stampata della BCE debbono arrivare all’economia reale e non rimanere confinate nel settore bancario;
  • gli investimenti nel settore pubblico hanno senso solo se orientati alla creazione di condizioni favorevoli alla economia reale, soffocata da una Burocrazia demenziale che si articola in amministrativa, fiscale, bancaria, giudiziale;
  • il sostegno al settore “di mezzo” è, dichiaratamente, danaro ed energia sprecata quando si ha a che fare con organizzazioni palesemente decotte;
  • la spesa di Stato deve assumere il ruolo d’investimento e non di costo perché essa, senza gettito fiscale, è coperta dal prestito che si può restituire soltanto con il gettito fiscale proveniente dalla economia reale.

Quindi, bisogna tenere drasticamente lontani dalla diligenza Comuni Regioni Enti Pubblici e i soggetti del Settore di “mezzo” non autonomi perché vivono sulle spalle della economia reale.

E si sa, per certo, che questi sono tutti in fila allo sportello con in mano la domanda di finanziamenti.

La politica usi le risorse per rilanciare chi produce reddito e gettito fiscale.

La politica si dedichi alla progettazione di un disegno per il Paese che abbia una visione prospettica: vedremo la formula finale del Recovery Plan.

Qui nasce, tuttavia, la frustrazione del popolo che dispera che la politica sappia fare quello che è necessario fare.

Ma perché abbiamo citato Mara Carfagna, in apertura dell’articolo?

Perché siamo convinti che chiunque, anche un Paese, debba camminare su due gambe per ovvie ragioni d’equilibrio che consente agilità di movimento: l’Italia ha camminato sempre claudicante.

Pertanto, la priorità è “mettere in sesto” il SUD, che non è composto da gente di serie B, non con sussidi e prebende ma secondo gli schemi descritti prima. Si eviterebbero così gli avvoltoi che oggi volteggiano non sulla economia reale ma intorno al settore pubblico.

Mara Carfagna ha un difficile compito da realizzare in un biennio. Ci piace credere che si accorgerà ben presto che la vera Italia è quella che non vuol vivere all’ombra di uno Stato, vecchio, incapace di cogliere le dinamiche di una società civile in rapida evoluzione.

Antonio Vox – Presidente “Sistema Italia”, Economia Reale & Società Civile

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